(Rinnovabili.it) – Per anni sono stati quasi nemici giurati. Oggi fotovoltaico ed agricoltura hanno trovato un modo per convivere ottenendo benefici reciproci. Parliamo dell’agrivoltaico, nuovo approccio tecnologico inserito persino tra le misure verdi del PNRR italiano per assicurare una ripresa in linea con la transizione ecologica. Il tema non poteva non approdare anche alla Maker Faire Rome 2021, la più grande fiera dell’innovazione europea apertasi ieri a Roma. Dal palco della manifestazione, il direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo ed Eleonora Petrarca, Head of Business Development Italia di Enel Green Power, hanno discusso dell’incontro tra energia solare e campi coltivati e delle prospettive del settore rispetto ai target energetico-climatici dell’Italia.
Come ricordato da Spagnolo in apertura dell’incontro “il grande progetto europeo del Green Deal impone degli obiettivi molto virtuosi al 2050, ossia la completa decarbonizzazione del nostro Continente. E per ottenere ciò le fonti energetiche rinnovabili sono il primo strumento”. Ciò significherà rinnovare e ripotenziare parte di quelli già esistenti, ma soprattutto costruirne di nuovi. Uno slancio allo sviluppo che deve camminare di pari passo con la tutela del territorio e della natura. In questo contesto, l’agrivoltaico, rappresenta una delle soluzioni più interessanti per garantire risultati win-win.
Una premessa: è bene accantonare da subito l’idea di una colonizzazione selvaggia del suolo per riuscire a tener fede ai target verdi. Diversi studi di settore hanno calcolato che realizzando tutta la capacità rinnovabile attesa dal Paese al 2030 – nuovi e vecchi impianti – e immaginando di poter sfruttare solo terreno agricolo, avremmo bisogno appena dello 0,5-0,7% di suolo. Una quota che si abbassa allo 0,3-0,4% nel caso del fotovoltaico.
I due modelli dell’agrivoltaico
Ma che cosa si intende nella pratica quando si parla di agrivoltaico? “Il concetto copre tante progettualità diverse ma con una matrice comune: assicurare il connubio tra la produzione di energetica elettrica da fonti green e la attività agricole”, spiega Petrarca. In altre parole, non esistono dei modelli assoluti e statici, ma approcci diversi che si evolvono nel tempo con il cambiamento tecnologico, dando vita a soluzioni differenti. Tuttavia è possibile effettuare una divisione di massima rispetto alle priorità con cui si sviluppano i nuovi progetti.
Da un lato, sottolinea l’ingegnere EGP, c’è il modello che mette al centro l’azienda agricola. L’impresa continua a portare avanti l’attività tradizionale ricorrendo al fotovoltaico per soddisfare la propria domanda di energia. I moduli, in alcuni casi anche prodotti innovativi ancora in fase di test, sono installati a 4-5 metri di altezza dal terreno e forniscono un supporto al fabbisogno dell’azienda stessa. “È evidente che questo modello apporti un contributo (alla transizione energetica) ma difficilmente potrà essere scalabile per contribuire ai GW” necessari alla decarbonizzazione del Paese.
Dall’altro lato, c’è invece un modello più integrato, lo stesso su cui sta lavorando ormai da tempo EGP, vero e proprio sposalizio tra produzione agricola ed energetica. L’elemento clou? L’innovazione. “Nel momento in cui andiamo a sviluppare un impianto fotovoltaico, lo facciamo impiegando tecnologie come i pannelli bifacciali (che catturano l’energia solare da entrambi i lati aumentando l’efficienza) montati su strutture a inseguimento solare”, sottolinea Petrarca. Si tratta di “impianti che ottimizzano la resa rispetto al territorio che andremo ad occupare”.
Ma soprattutto, questo modello di agrivoltaico garantisce l’integrazione con una serie di colture che possono convivere con l’impianto date le specificità del sito. Una soluzione doppiamente vincente che consente di “superare quella dicotomia storica tra agricoltura e sviluppo impianti fotovoltaici, permettendoci di vedere questi due settori in maniera molto più convergente”.
Il merito è anche di tutto lo studio svolto a monte. “Quando sviluppiamo impianti rinnovabili, la selezione del sito è un momento fondamentale. Ci interessa capire a 360 gradi tutto il contesto. In particolare con l’agrovoltaico nella fase iniziale attiviamo studi e analisi chimico-fisiche del territorio per comprendere quali siano le colture integrabili rispetto alle sue caratteristiche”. Queste attività coinvolgono agronomi, imprese agricole e tutta una serie di figure che hanno profonda conosce locale, e che diventano dunque parte attiva dello sviluppo dell’impianto.
“Fino a qualche tempo fa non avremmo mai pensato che expertise e know-how agricolo potessero essere un motore di valorizzazione degli impianti fotovoltaici e che di conseguenza queste due entità potessero rappresentare una il partner dell’altro”.