Rinnovabili

La nuova Era delle celle solari

Quando Martin Green, il riconosciuto guru del fotovoltaico mondiale, utilizzò per primo la locuzione “celle fotovoltaiche di nuova generazione” in un ben noto articolo di circa 10 anni fa (M.A. Green, Third Generation Photovoltaics: Ultra high conversion efficiency at low cost, in Progress in Photovoltaic: Research and Applications vol. 9 p.123 del 2001) certo non immaginava la confusione che il termine “generazione” avrebbe creato nella comunità del settore.

In quell’articolo Martin Green ipotizzava lo sviluppo del fotovoltaico incentrato su tre diverse generazioni “tecnologiche”:la prima generazione, costituita da moduli basati su celle al silicio cristallino e caratterizzata da costi pari a circa 3 €/Wp (Watt di picco) – con efficienze di conversione medie del 15% -, la seconda, realizzata con dispositivi a film sottile (silicio amorfo, CIGS, CdTe etc.), con costi di circa 0.75 €/Wp ed efficienze medie del 10% ed una terza, dai costi simili alla seconda, ma con efficienze molto superiori, in media pari al 50%.

E’ infatti al livello di generazione III che, nella “vision” del grande scienziato, il fotovoltaico si sarebbe smarcato definitivamente da ogni necessità di supporto da parte dei governi, diretto od indiretto, per diventare effettivamente un’alternativa energetica. E’ importante sottolineare che, anche se Green non ne ha mai parlato esplicitamente, con il concetto stesso di “generazione” si ipotizzava dunque la fine del fotovoltaico “al silicio” a favore prima della generazione II e poi della III in una fortunata serie “progressiva”.

A dieci anni di distanza lo scenario è però radicalmente cambiato rispetto alle attese. Il fotovoltaico a base di silicio cristallino detiene ancora oggi saldamente oltre l’85% delle quote di mercato, forte di costi che sono ormai vicini ad 1 €/Wp ed efficienze di conversione prossime al 20%. Con questi numeri il “vecchio” silicio si colloca addirittura tra la generazione II e l’ancora “futuribile” generazione III. Tra le tecnologie fotovoltaiche a film sottile invece, solo il Telloruro di Cadmio (CdTe) ha, ad oggi, rispettato le previsioni di costo ed efficienza attese per la generazione II, riuscendo quindi a guadagnarsi un buon 9% della quota di mercato FV al 2010. Tutti gli altri film sottili rimangono invece molto lontani dai risultati attesi per via di una bassa efficienza, per i costi elevati o per entrambe le ragioni.

Per quanto concerne la generazione III gli approcci perseguiti, in generale ancora tutti confinati ad uno stadio di ricerca, sono diversi. Ciò che già da subito potrebbe essere praticato è la realizzazione di celle multiple come, ad esempio, quelle basate su composti III-V con substrato in Germanio del tipo GaInP/GaInAs/Ge, in cui ciascuno strato viene ottimizzato per meglio raccogliere la radiazione di una porzione specifica dello spettro solare e che hanno effettivamente già superato il 40% di efficienza. Purtroppo, questi dispositivi hanno costi molto elevati e sono dunque ancora riservati al solo mercato del fotovoltaico a concentrazione che, complessivamente, presenta oggi costi ancora ben superiori a 5 €/Wp.

Un effettivo passo avanti verso la generazione III si potrebbe probabilmente conseguire con dispositivi che riescano a sfruttare la parte di energia dello spettro solare che normalmente viene dissipata termicamente. Un accorgimento utilizzabile in questo senso è, ad esempio, l’effetto Multiple Exciton Generation in cui la parte di energia non utilizzata per ricombinazione non radiativa indotta da un fotone ad alta energia, non viene più persa col calore, ma riutilizzata per generare altra corrente elettrica (un meccanismo piuttosto complesso riconducibile ad una sorta di “processo Auger” risonante tra materiali nanostrutturati). Ma, come si può ben capire, siamo ancora nel futuribile. Va però detto che mentre l’affidabilità del fotovoltaico al silicio e, in parte, quella del fotovoltaico da film sottile è ormai garantita per 25 anni, gli approcci della generazione III sono, come già detto, in buona sostanza ancora confinati alla sfera della ricerca: non sappiamo quindi nulla sulla loro effettiva traduzione pratica su scale temporali confrontabili con quelle riportate dalle altre tecnologie FV. Infine, va osservato che, erroneamente, si fa spesso riferimento al concetto di terza generazione, (definito chiaramente da Green), per presentare nuovi materiali e nuovi dispositivi che sono talvolta ancora ben lontani da ogni possibile effettiva applicazione su larga scala. E’ il caso ad esempio delle celle DSSC, (che hanno un’affidabilità della durata di pochi anni, con costi ed efficienze relegate ancora allo stadio di generazione I), oppure delle celle organiche o polimeriche, (dispositivi che devono ancora dimostrare, attraverso un serio ed impegnativo lavoro di ricerca di avere caratteristiche tali da potersi anche solo semplicemente candidare come valide alternative al fotovoltaico attualmente commercializzato).

In questo contesto si fa poi un pessimo servizio al fotovoltaico e, più in generale, alla scienza quando si vogliono far passare, in maniera mistificante, “curiosità scientifiche” come i succhi di mirtillo o ortaggi di varia natura come materiali innovativi per il fotovoltaico. Questo soprattutto perché un modulo fotovoltaico deve essere operativo per 25 anni con temperature comprese almeno tra -20°C e + 50°C. In queste condizioni frutta e sostanze similari possono giusto candidarsi come ingredienti base di qualche marmellata!

di Girolamo Di Francia (ENEA Portici – UTTP)

 

 

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