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Celle solari come occhi d’insetto, la perovskite sceglie la biomimesi

Un team di ricercatori della Stanford University si lascia ispirare dall'anatomia degli insetti per creare una protezione per le mini celle solari in perovskite

biomimesi

 

 

(Rinnovabili.it) – La biomimesi fa nuovamente capolino tra le soluzioni tecnologiche sviluppate in ambito solare. E ancora una volta è l’anatomia degli insetti a dare ai ricercatori un nuovo spunto per migliorare rese e prestazioni di celle e pannelli. Stavolta il campo di applicazione è quello del fotovoltaico in perovskite, uno dei più promettenti sostituiti del classico solare in silicio. Alla Stanford University, un gruppo di scienziati cercava un modo per proteggere i cristalli di perovskite dal deterioramento causato da calore, umidità e stress meccanico, tre elementi che ancora oggi accorciano la vita di questi dispositivi.

 

“Le perovskiti sono promettenti materiali a basso costo capaci di trasformare la luce del sole in elettricità in modo efficiente come le tradizionali celle solari in silicio”, afferma Reinhold Dauskardt, professore di scienze e ingegneria dei materiali alla Stanford. “Il problema è che sono estremamente instabili e meccanicamente fragili, al punto da sopravvivere a malapena al processo produttivo, per non parlare della durata nell’ambiente“.

La maggior parte dei dispositivi solari, come i pannelli del tetto, utilizza un disegno piatto o planare. Ma questo approccio non funziona bene con il nuovo fotovoltaico dal momento che questi cristalli – come aggiunge il collega Nicholas Rolston – “sono i materiali più fragili mai sperimentati nella storia del nostro laboratorio”.

 

biomimesiPer affrontare la sfida della durabilità, il team Stanford si è rivolto alla biomimesi, ossia tecniche di progettazione che prendono spunto dai modelli naturali creati da Madre Natura.

“Ci siamo ispirati dall’occhio composto della mosca, che consiste di centinaia di piccoli occhi segmentati (ommatidi)”, ha spiegato Dauskardt. “Ha una bella forma a nido d’ape con ridondanza incorporata: se si perde un segmento, centinaia di altri continuano ad operare. Ogni unità è molto fragile, ma è schermata da una impalcatura attorno ad essa”. Utilizzando l’occhio composto come modello, i ricercatori hanno creato una cella solare composta da una vasta struttura a nido d’ape di microcelle in perovskite, ognuna incapsulata in un’impalcatura a forma esagonale larga appena 500 micron.

 

“Il ponteggio è costituito da una resina epossidica poco costosa e ampiamente utilizzata nell’industria della microelettronica“, ha aggiunto Rolston. “È resistente alle sollecitazioni meccaniche e quindi alla frattura”. I test condotti durante lo studio hanno rivelato che la struttura non inficiava la resa del fotovoltaico. “Abbiamo ottenuto quasi le stesse efficienze di conversione da ogni piccola cella perovskite rispetto a quella che avremmo ottenuto da una cella solare planare”, ha affermato Dauskardt. “Quindi abbiamo raggiunto un enorme aumento della resistenza alla frattura senza penalizzare le prestazioni”. Inoltre il sistema permette regala resistenza sia all’umidità che al calore. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nella rivista Energy & Environmental Science (E & ES).