Effetto domino sulla supply chain dell’industria solare
(Rinnovabili.it) – L’industria solare non rimbalza dopo lockdown e pandemia. Sta scendendo il tasso di installazioni a livello globale, avvertono gli analisti. Come mai? Tre le ragioni: costano di più le materie prime, così come aumentano i costi di spedizione e del lavoro. Ma il nocciolo del problema è nella supply chain e nei suoi colli di bottiglia. Un nervo scoperto, certo non solo per questo comparto, che il coronavirus ha fatto emergere come uno dei punti più deboli dell’economia globale.
Per IHS Markit, le previsioni di installazione di capacità solare a livello globale per l’anno in corso vanno riviste al ribasso. Al momento battono intorno ai 181 GW, ma potrebbero scendere fino a 156 GW se le pressioni sui prezzi non si attenuano.
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Sotto la lente degli analisti finisce prima di tutto l’acciaio. I prezzi di questo materiale sono triplicati ed è un componente fondamentale per le strutture di supporto. Ma anche il polisilicio, tra le materie prime impiegate nella produzione dei pannelli solari. A questa corsa dei prezzi verso l’alto contribuisce anche l’aumento delle tariffe dei trasporti insieme a quello dei costi dei carburanti. E incidono anche costi maggiori per la manodopera.
Una congiuntura sfavorevole, che sta invogliando buona parte dell’industria solare a mettere in pausa i propri piani. Soprattutto per la capacità da installare in questa seconda metà del 2021. Si aspetta per vedere se i prezzi scendono e i margini di profitto tornano a gonfiarsi un po’. Ma si naviga a vista: le previsioni per il 2022 sono più che incerte. Intanto la finanza punisce la poca chiarezza e i valori azionari dell’industria solare scende. A Wall Street l’indice MAC Global Solar che include le principali aziende attive lungo l’intera value chain del solare ha perso il 24% nelle ultime settimane, dopo che era triplicato nel 2020.
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