Un nuovo studio del TNO ha raccolto di dati dell'analisi di inventario per due diversi sistemi fotovoltaici galleggianti su piccoli specchi d'acqua interni nell'Europa occidentale al fine di quantificare la carbon footprint di questi sistemi
Raccolti i primi dati pubblici sull’impronta di carbonio del fotovoltaico galleggiante
Il fotovoltaico galleggiante è un segmento relativamente nuovo ma in rapida crescita del mercato solare globale. Ed è proprio la velocità con cui questi impianti stanno prendendo piede a spiegare perché attualmente vi siano pochissimi dati pubblici sull’inventario del ciclo di vita (LCI). Di cosa si tratta? Della fase di raccolta e analisi di tutti gli input ed output associati alla vita di un prodotto.
Per colmare questo gap di conoscenze, l’organizzazione di ricerca olandese TNO ha avviato un nuovo studio, pubblicato in questi giorni dalla IEA PVPS. Il lavoro in realtà si è concentrato su un singolo fattore di impatto ambientale: l’impronta di carbonio del fotovoltaico galleggiante. Nel dettaglio gli scienziati del TNO hanno confrontato due sistemi solari galleggianti realizzati su piccoli specchi d’acqua interni nell’Europa occidentale, con due ipotetici sistemi montati a terra. Entrambi gli impianti “floating” sono operativi dal 2021 ma differiscono, oltre che per il sito di installazione, anche per le diverse composizioni delle piattaforme galleggianti.
Il sistema FPV_A, situato in Germania, ha galleggianti realizzati prevalentemente in polietilene ad alta densità (HDPE). Il sistema FPV_B, situato nei Paesi Bassi ha galleggianti in acciaio e HDPE. Per ciascuno dei due sistemi, i dati LCI per la struttura di supporto sono stati inviati dai produttori, verificati e pubblicati.
Ovviamente sia i due impianti sull’acqua che quelli di riferimento a terra utilizzano gli stessi valori per i seguenti parametri: moduli fotovoltaici PERC con un’efficienza del 20,5%, realizzati in Cina, tasso di degradazione 0,7%/anno, rapporto di prestazione (PR) 0,80, fattore di bifaccialità 0, albedo 0, durata 30 anni, durata inverter 15 anni.
La carbon footprint dei sistemi fv galleggianti
Il team ha quindi valutato la carbon footprint di questi 4 impianti sia per capacità che potenza installata. Il risultato? Le emissioni di CO2 associate al ciclo di vita del fotovoltaico galleggiante appaiono leggermente superiori rispetto ai sistemi solari a terra. Per lo più a causa dei componenti aggiuntivi per la struttura flottante. Ma nel complesso, vantano un’impronta di carbonio sette volte più bassa di quella dell’attuale mix di rete dei rispettivi paesi.
Nel specifico i risultati su base kWp (AC) sono stati i seguenti: 1.280 kg CO2eq/kWp per il FPV_A, 1.300 kg CO2eq/kWp per il FPV_B contro i 1100 kg CO2eq/kWp degli impianti fv a terra.
“Il risultato di questa analisi – spiegano gli autori – suggerisce che, se la resa energetica prevista viene soddisfatta, i sistemi FV galleggianti su piccole acque interne, al pari di quelli montati a terra, possono ridurre significativamente le emissioni di carbonio per la generazione di elettricità […] È essenziale per l’impronta di carbonio (e per il business case) che le aspettative sulla resa energetica totale siano soddisfatte, così come la durata prevista del sistema e dei suoi componenti. Pertanto, si raccomanda di monitorare attentamente il tasso di degradazione dei moduli FV, così come le prestazioni e l’affidabilità del sistema complessivo e la necessità di manutenzione“.
Non solo. I ricercatori hanno studiato come alleggerire ancora l’impronta di carbonio del fotovoltaico galleggiante. Basterebbe impiegare pannelli solari prodotti in Europa, materie prime seconde per la struttura di supporto, riciclando l’HDPE a fine vita per ottenere un taglio del 40% delle emissioni complessive.
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