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Impianti fotovoltaici nello spazio, non si tratta di un’utopia

Impianti fotovoltaici nello spazio
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Testate nello spazio per 6 anni nuove celle al tellururo di cadmio

(Rinnovabili.it) – Realizzare impianti fotovoltaici nello spazio che producano energia da inviare a terra non è un’utopia. E se non dovessero bastare i diversi progetti spaziali lanciati in questi anni per tentare un primo approccio, a dimostrarne la fattibilità è oggi un nuova ricerca di settore. In un’iniziativa congiunta i ricercatori delle Università di Surrey e Swansea, entrambe nel Regno Unito, hanno testato in orbita nuove celle leggere, economiche, efficienti e durature. L’esperimento è durato ben sei anni, 5 in più del previsto, e ha dimostrato che il fotovoltaico a film sottile del team può resistere al vuoto, alle dure condizioni termiche spaziali e alle aggressive radiazioni ionizzanti.

 Nel dettaglio gli scienziati del Centro per la ricerca sull’energia solare dell’Università di Swansea hanno sviluppato nuove celle solari al tellururo di cadmio (CdTe), materiale non privo di criticità ma alla base di moduli fotovoltaici iper sottili ed economiche.

La scelta è ricaduta sul CdTe per un solido motivo: per essere pratici ed economicamente vantaggiosi, le centrali fotovoltaiche nello spazio devono impiegare celle con potenze specifiche molto elevate (vale a dire, potenza per unità di massa – W/kg) e con un costo per watt molto inferiore rispetto a quello delle unità impiegate nei tradizionali sistemi solari (per lo più a base di silicio cristallino).

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Il sogno di grandi impianti fotovoltaici nello spazio

Le celle solari in tellururo di cadmio sebbene abbiano bisogno di un’area più ampia, assicurano leggerezza, potenza ed economicità. Ma la vera domanda che si sono posti i ricercatori è stata: la tecnologia resisterà anche al difficile ambiente spaziale? Per rispondere il team di Swansea ha depositato il CdTe direttamente su un vetro di ultrasottile qualificato per lo spazio. Ha realizzato così quattro prototipi di celle solari, che sono diventati parte del carico utile sperimentale, sviluppato da CSER e dal Surrey Space Center (SSC), per il lancio di dimostrazione tecnologica dell’Agenzia spaziale algerina (ASAL) e dell’Agenzia spaziale britannica. Parliamo del AlSAT-1N CubeSat, spedito in un’orbita il 26 settembre 2016.

“Siamo molto lieti che una missione progettata per durare un anno funzioni ancora dopo sei anni”, ha commentato con soddisfazione il professor Craig Underwood, dell’Università del Surrey. “Questi dati dettagliati mostrano che i pannelli hanno resistito alle radiazioni. E la loro struttura a film sottile non si è deteriorata nelle dure condizioni termiche e di vuoto dello spazio. La tecnologia delle celle solari a massa ultra-bassa potrebbe portare alla realizzazione di grandi centrali solari a basso costo dispiegate nello spazio, inviando energia pulita sulla Terra. Ora abbiamo la prima prova che la tecnologia funziona in modo affidabile in orbita”.

 La ricerca è stata pubblicata su Acta Astronautica (testo in inglese).

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