Il gigante asiatico è pronto a giocare la carta della riappacificazione appellandosi all’interdipendenza commerciale che unisce la Cina all’Europa
Pechino, infatti, importa la maggior parte delle materie prime, attrezzature e tecnologie di produzione da UE e America. Come in una sorta di sistema simbiotico, l’Ufficio cinese del Commercio Equo per l’Import-Export sostiene che lo sviluppo dell’industria solare nazionale non solo abbia favorito l’esportazione di materie prime e attrezzature “Made in EU”, ma abbia anche alimentato il settore occupazionale a valle dell’industria produttiva, creando ad esempio nuovi posti lavori sul fronte dell’istallazione degli impianti. In altre parole, qualsiasi misura restrittiva adottata nei confronti delle celle fotovoltaiche cinesi andrebbe a ledere gli interessi dell’industria europea. “Le industrie PV delle due parti dovrebbero risolvere le divergenze attraverso la consultazione e la cooperazione e insieme mantenere l’ambiente stabile e sano per lo sviluppo del settore. Mentre l’economia mondiale riprende lentamente e lo sviluppo economico globale ha elementi instabili e incerti, un ambiente commerciale fermo e libero è la garanzia per lo sviluppo comune delle industrie fotovoltaiche di Cina e UE”. E dopo aver smentito la fondatezza della petizione antidumping presentata da EU ProSun alla Commissione europea, l’Ufficio in una nota stampa pubblicata sul proprio sito ha spiegato come il costo di produzione di celle e moduli non si sia ridotto per pratiche concorrenziali sleali bensì grazie agli investimenti del governo nella propria industria nazionale del fotovoltaico e alla riduzione dei prezzi di materie prime e tecnologie industriali.