Gli ultimi rumors sostengono che la faccenda si risolverà, al pari di quanto accaduto tra Pechino e Bruxelles, introducendo un prezzo minimo per i moduli fotovoltaici cinesi rivenduti sul mercato statunitense
Parlando dal palco del Solar Power International a Las Vegas, Smirnow ha ricordato come l’associazione abbia guidato le discussioni tra SolarWorld, il firmatario principale nel caso anti Pechino, e l’industria cinese, nel tentativo di trovare una soluzione negoziata all’ultima bagarre scoppiata sull’import di moduli solari. Il gigante asiatico è stato infatti accusato di produzione in outsourcing attraverso società taiwanesi al fine di evitare i dazi introdotti nel 2012 dagli States. Il tempo rimasto è ormai poco, e per salvare i rapporti i due contendenti dovrebbero raggiungere un accordo, con il cosiddetto “meccanismo di sospensione”, perlomeno 30 giorni prima dell’annuncio della decisione finale del Dipartimento americano. Ma, almeno stando alle parole del vice presidente, il percorso verso l’intesa avrebbe tutte le carte in regola per concludersi con un lieto fine. Gli ultimi rumors sosterrebbero, infatti, l’ipotesi che la faccenda si possa risolvere, al pari di quanto accaduto tra Cina ed Unione europea, introducendo un prezzo minimo per i moduli fotovoltaici cinesi rivenduti sul mercato statunitense e un contingente di importazione.