Un nuovo approccio alla progettazione delle celle solari in perovskite ha permesso al materiale di superare la resa delle tradizionali celle in silicio. Il segreto? Una scorciatoia in ossido di stagno
(Rinnovabili.it) – Il fv in perovskite si fa ancora più efficiente, pronto a scavalcare il primo competitor commerciale: il silicio. L’ultimo progresso compiuto appartiene ad una ricerca internazionale che ha coinvolto il MIT statunitense e scienziati della Corea del Sud e Georgia. Il gruppo di ingegneri e chimici ha scelto un nuovo approccio strutturale per aumentare la resa del materiale. E ha raggiunto così un’efficienza record del 25,5%.
Le perovskiti sono un’ampia classe di ossidi artificiali, definita sa una disposizione molecolare simile a quella della perovskite minerale naturale. Esistono un gran numero di possibili combinazioni chimiche che possono produrre perovskiti, e il professore di chimica Jason Yoo, tra gli autori delle ricerca, spiega come abbiano attirato l’interesse mondiale grazie alla possibilità di una fabbricazione più semplice (e quindi più economica) rispetto gli altri semiconduttori fotovoltaici.
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L’altro grande vantaggio del fv in perovskite risiede nella sua estrema sottigliezza a parità di potenza. Inoltre questi materiali possiedono un bandgap più elevato rispetto al silicio, il che significa che assorbono una parte diversa dello spettro della luce e quindi possono esser integrare in tandem con il semiconduttore tradizionale per ottenere efficienze ancora maggiori. Ma “quello che stiamo dimostrando – spiega Yoo – è che anche con un singolo strato attivo, possiamo realizzare efficienze che minacciano il silicio e, si spera, a breve anche l’arseniuro di gallio”.
Le ricetta del nuovo fv in perovskite
Nel dettaglio, il gruppo ha aggiunto uno strato conduttivo, appositamente trattato, in biossido di stagno, che fornisce un percorso migliore ai portatori di carica. Hanno quindi modificato la formula della perovskite ottimizzandone le proprietà. Come? Aggiungendo alla ricetta una serie di additivi, in quantità precise, capaci di migliorare la stabilità e senza alterare il bandgap.
Sebbene queste elevate efficienze siano state dimostrate in minuscoli dispositivi su scala di laboratorio, i ricercatori sostengono che “il tipo di intuizioni che riportiamo in questo studio e alcuni dei trucchi che forniamo, potrebbero essere potenzialmente applicati ai metodi in fase di sviluppo per ridimensionare le celle di perovskite e quindi aumentare tali efficienze”.
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