(Rinnovabili.it) – Segnate sull’agenda la data del 6 dicembre 2016. E’ questo il giorno in cui la Corte Costituzionale ha fissato la prima udienza per la controversia sullo spalma incentivi, il celebre decreto con cui il governo ha tagliato, retroattivamente, le tariffe stabilite nel Conto Energia per il fotovoltaico. Il provvedimento normativo era nato con l’obiettivo dichiarato di ridurre le bollette alle Piccole e Medie Imprese, ma a conti fatti è intervenuto direttamente sulle risorse destinate agli impianti solari già funzionanti, causando bruschi tagli occupazionali al settore.
La norma era finita in mano alla Consulta dopo che una serie di sentenze del TAR del Lazio nel 2015 erano tornate a sollevare la questione sulla sua legittimità o meno sotto il profilo costituzionale.
A dar notizia circa la data dell’udienza è oggi Anie Rinnovabili che rappresenta nel sistema confindustriale tutte le imprese che operano nel settore delle rinnovabili. L’associazione presenterà in tribunale, a tutela dei suoi associati, le sue memorie per la discussione del giudizio sull’art. 26 comma 2 e 3 del decreto legge n. 91/2014 (convertito con modificazioni in legge n. 116/2014). Articolo che, ricordiamo, ha mostrato fin da subito profili di incostituzionalità.
Conflitti costituzionali e obblighi internazionali disattesi
Che tale provvedimento potesse costituire una violazione sia delle norme costituzionali in materia di retroattività e di tutela dell’affidamento, sia degli obblighi internazionali, lo aveva detto quando il decreto era ancora in discussione anche Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida.
Secondo il Professore Onida la misura si configurava come “un intervento su rapporti di durata già cristallizzati in contratti di diritto privato” (le convenzioni con il GSE), o comunque su decisioni già assunte dai produttori, che hanno effettuato investimenti e contratto oneri in base a previsioni economiche di cui l’aspettativa dell’incentivo è parte determinante. Elemento quindi in contrasto con i limiti costituzionali alla retroattività delle leggi, con il principio di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti che hanno avviato un’iniziativa energetica, e con l’esigenza di certezza dell’ordinamento giuridico.
Ma non solo. Lo spalma incentivi risulta in conflitto con gli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia, andando a violare l’impegno assunto dagli Stati firmatari (il nostro Paese ha rescisso il Trattato ma l’uscita diverrà effettiva solo fra 20 anni) ad assicurare agli investitori “condizioni stabili” oltre che “equefavorevoli e trasparenti”, per lo sviluppo delle proprie iniziative.
Cosa prevede lo spalma incentivi per il fotovoltaico
Il decreto all’art. 26 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW sia rimodulata, a scelta dell’operatore, sulla base di tre opzioni:
opzione A) prevede il prolungamento dell’incentivazione fino a 24 anni, a fronte di una riduzione dell’incentivo tra il 17% e il 25%;
opzione B) a parità di periodo residuo di incentivazione, prevede la riduzione dell’incentivo in un primo periodo di fruizione (tra il 10% e il 26%) e un secondo periodo di incremento in egual misura;
opzione C) prevede invece, a parità di periodo residuo di incentivazione, un taglio dell’incentivo (tra il 6% e l’8%) in funzione della classe di potenza.
Il provvedimento chiariva anche che, agli operatori che non avessero comunicato per tempo (entro il 30 novembre 2014) la propria scelta al Gse, venisse applicata automaticamente la terza opzione.
I dati del GSE sullo spalma incentivi
L’insieme degli impianti interessati dalla rimodulazione comprende poco più di 12.900 impianti, per una potenza complessiva di circa 10,6 GW. Di tali impianti, l’1,5% ha optato per l’opzione A, circa il 37,5% ha optato per l’opzione B, e il 61 % rientra nell’opzione C. Complessivamente l’insieme delle adesioni alle opzioni di rimodulazione ha determinato una riduzione del costo indicativo annuo nel 2015 pari a circa 395 milioni di euro.