La commissione europea ha approvato un accordo, negoziato con la Cina, che fissa un prezzo minimo ed un limite di volume sulle importazioni UE di pannelli solari cinesi fino alla fine del 2015
(Rinnovabili.it) – I produttori cinesi di fotovoltaico si impegneranno a mantenere un prezzo per le importazioni annuali in Europa e Bruxelles li esenterà dai dazi antidumping che dovrebbero entrare in vigore a partire dal 6 agosto. Questo in poche parole, il succo dell’accordo raggiunto tra l’Unione Europea e la Repubblica Popolare sulla controversa questione del fotovoltaico “made in china”.
I Ventotto hanno, infatti, approvato in via ufficiale l’intesa sui prezzi, accettando l’impegno offerto da Pechino all’unanimità e mettendo così la parola fine alle forti tensioni commerciali createsi tra le due potenze. I termini dell’accordo, pubblicati in questi giorni sulla Gazzetta ufficiale, riportano una lista di oltre 90 aziende cinesi che da oggi al 2015 dovranno impegnarsi a non scendere sotto i 56 centesimi di euro per Watt (dato ancora non confermato a livello ufficiale) e a non superare complessivamente i volumi massimi di esportazione di 7 GW/anno. Per tutti i produttori cinesi che non si adegueranno a queste condizioni rimarranno in vigore i dazi antidumping ad una media del 48% dal 6 agosto 2013. Per il commissario europeo al commercio Karel De Gucht, a capo di queste settimane di negoziati, l’accordo dovrebbe stabilizzare il mercato solare, dando “l’ossigeno necessario alle aziende europee, e anche alle imprese di altri Paesi, per investire nuovamente nella ricerca e sviluppo in modo da sviluppare una nuova generazione di pannelli solari”.
Di tutt’altro parere una gran fetta dell’industria fotovoltaica europea, battutasi fin dall’inizio per misure più drastiche. A spiegare i perché di questa insoddisfazione è Alessandro Cremonesi, presidente IFI “Il prezzo offerto dai cinesi e accettato dalla Commissione, pari a 57 eurocents per watt è quello che l’industria Europea sostiene come costo delle materie prime e costi diretti e indiretti per la produzione dei moduli; cui vanno poi aggiunti i costi fissi, quelli di struttura (SG&A) e il trasporto. In media, tali costi aggiuntivi contano per circa altri 9-10 eurocents per watt sul costo del modulo, portando il costo totale dei moduli fabbricati in Europa e Italia a circa 67 eurocents per watt, senza prendere in considerazione alcun margine di profitto. Evidentemente ci troviamo ancora una volta dinnanzi a un prezzo di dumping nei confronti del quale nessun produttore europeo potrà competere”.
Conti da rifare anche per i volumi massimi di esportazione, giudicati dal Comitato IFI troppo lontani delle stime del mercato europeo, previste per i prossimi anni in forte calo a causa della sopraggiunta eliminazione/riduzione di meccanismi incentivanti. “Con un valore massimo di esportazione consentito ai cinesi di 7 GW si finisce per offrire in mano ai cinesi il 100% del mercato europeo.”