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Fotovoltaico in perovskite, il polimero D18 alza l’efficienza delle celle

Raggiunta un'efficienza di conversione del 26,39% con un'area di apertura di 0,12 cm2 grazie all'aggiunta di uno strato polimerico selettivo per le lacune

Fotovoltaico in perovskite, il polimero D18 alza l'efficienza delle celle
Credito: Nature Communications (2024). DOI: 10.1038/s41467-024-55329-0

Gli ultimi progressi del fotovoltaico in perovskite

Il record assoluto per il fotovoltaico in perovskite a singola giunzione (vale a dire senza l’aggiunta di altri semiconduttori fotovoltaici)? Quello segnato lo scorso anno dalla University of Science e Technology della Cina, che con un 26,7% di efficienza di conversione per una cella di 0,05 cm2, si è meritata un posto nel grafico del NREL. Ma non si tratta dell’unico risultato degno di nota. 

Un team di ingegneri della Huaqiao University, in collaborazione con scienziati della City University di Hong Kong e della Chinese Academy of Sciences, ha realizzato una cella fotovoltaica in perovskite con un’efficienza del 26,39% in grado di farsi notare nel settore. Perché? Perché nonostante non abbia superato il primato della University of Science e Technology della Cina, vanta comunque una resa invidiabile in considerazione della superficie attiva: 0,12 cm2 al posto di 0,05 cm2.

Quindi efficienza minore ma area più ampia, a cui si aggiunge anche un altro risultato: la capacità di mantenere il 95,4% del valore iniziale dopo 1.100 ore di funzionamento.

L’interstrato polimerico super sottile D18

Per ottenere tutto ciò il gruppo di scienziati ha impiegato una nuova membrana polimerica ultrasottile (circa 7 nm) ribattezzata con il nome di D18. Prodotto impiegando il rivestimento per rotazione (spin coating) lo strato polimerico ha essenzialmente due funzioni. La prima è quella di impedire la diffusione degli ioni tra la perovskite e lo strato di trasporto delle lacune, uno dei più grandi ostacoli alla stabilità di queste celle a “struttura normale” (nip). 

Il problema è presto spiegato. I componenti delle perovskiti sono tenuti insieme tramite legami ionici, formando un reticolo cristallino morbido. Questa caratteristica  – spiegano gli scienziati  – fa sì che il film di perovskite soffra di un’importante migrazione di ioni quando esposto a calore, luce e campi elettrici. Questi ioni possono diffondersi raggiungendo e corrodendo lo strato di trasporto delle lacune e l’elettrodo metallico, con conseguente riduzione della conduttività.

Il nuovo strato inibisce la diffusione degli ioni per migliorare la stabilità del dispositivo. E, inoltre, facilita l’estrazione efficiente delle lacune.

I test sul fotovoltaico in perovskite con il D18 hanno dimostrato che è in grado di raggiungere un’efficienza del 26,39% con un’area di apertura di 0,12 cm2. Hanno anche evidenziato come le celle riescano a funzionare al 95,4% dell’efficienza iniziale dopo 1.100 ore di luce. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

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