Dai mirtilli italiani ai frutti di bosco indiano, la ricerca solare non abbandona l'idea di un fotovoltaico organico economico e "bio"
(Rinnovabili.it) – Il fotovoltaico organico è stato da sempre uno dei punti forti della ricerca solare italiana anche nell’epoca pre-perovskite. Erano i primi anni del 2000 quando, a livello nazionale, si è iniziato a utilizzare i pigmenti vegetali per migliorare le prestazioni delle celle solari dye-sensitized, chiamate anche celle di Gratzel. Ci sono stati i mirtilli del Choose della Regione Lazio, ma anche le melanzane del progetto Agrosol e le arance del CNR di Messina. Una carrellata di possibilità ortofrutticole indagate con perizia.
A studiare le possibilità offerte dai coloranti organici è oggi anche la ricerca indiana, ma con tutte le differenze del caso. A fare da protagonisti nel lavoro condotto dall’Istituto di Tecnologia (IIT) Roorkee, sono infatti i “frutti di dio”, scientificamente le Syzygium cumini, bacche violacee commestibili, largamente diffuse in Asia meridionale. Questi frutti, al pari dei mirtilli e delle ciliegie sono ricchi di antocianine, pigmenti che assorbono la luce solare e cuore del fotovoltaico organico a coloranti vegetali.
Il fotovoltaico organico a coloranti vegetali
Frutto a parte, la struttura della struttura della cella è quella classica delle dye-sensitized: ogni unità è costituita da un fotoanodo rivestito da biossido di titanio, uno strato di molecole di colorante, un elettrolita per rigenerare il colorante ed un catodo. Questo tipo di fotovoltaico organico potrebbe avere un grande potenziale in India dove la fonte solare è uno dei principali driver di sviluppo energetico ed economico. I Syzygium cumini sono diffusi e a buon mercato, sostituirli al silicio potrebbe essere la carta vincente per un Paese che vuole portare le sue rinnovabili al 40 per cento del mix entro il 2030.
L’efficienza rimane tuttavia la grande pecca di questa tecnologia. Come spiega lo stesso CHOOSE, le celle dye sensitized attualmente più vicine a una maturazione tecnologica, e quindi a uno sfruttamento commerciale per applicazione su larghe aree, hanno ancora efficienze massime di conversione della luce in elettricità del 10-12 per cento e tempi di vita ridotti. La ricerca dell’IIT è solo all’inizio e come spiega l’articolo pubblicato su Journal of Photovoltaic, il fotovoltaico organico realizzato dai ricercatori indiani ha una resa che, per ora, non supera lo 0,5 per cento.