(Rinnovabili.it) – Il fotovoltaico in plastica guadagna terreno nell’oligopolio del silicio e degli altri semiconduttori “tradizionali”. Alternative a basso a costo e basso impatto ambientale, allo stato attuale le celle solari polimeriche sono ancora ben lontane dalle prestazioni delle controparti presenti sul mercato. Uno degli elementi che costituiscono il gap d’efficienza è costituito dalla perdita energetica durante la conversione dei raggi luminosi in elettricità.
Le celle funzionano perché i fotoni della luce colpiscono il materiale semiconduttore creando coppie di elettroni liberi e lacune, ovvero cariche negative e positive; ogni coppia però mette a disposizione solo una certa quantità d’energia rispetto a quella del fotone incidente; la quantità di energia persa durante la conversione è risultata essere sempre maggiore nelle celle solari a base polimerica rispetto quelle a base di silicio.
Un passo in avanti per superare il problema l’hanno compiuto i ricercatori del Center for Emergent Matter Science RIKEN e del Dipartimento di Chimica dei Polimeri dell’Università di Kyoto. Gli scienziati giapponesi sono stati in grado infatti di realizzare un fotovoltaico in plastica di nuova concezione in grado di ridurre al minimo l’energia persa. “Nelle celle solari a base di polimeri la grande perdita di energia del fotone provoca una tensione più bassa. Questo è stato uno dei maggiori fattori limitanti per la loro efficienza”, spiega Hideo Ohkita, uno degli autori dello studio che è stato pubblicato su Nature Communications. “Il nuovo polimero ha il potenziale per portare a una svolta su questo fronte”.
Il gruppo ha iniziato a lavorare con una nuova molecola, dove l’ossigeno sostituisce alcuni atomi di zolfo in posizioni chiave, e ha scoperto che il nuovo materiale è in grado di superare gli ostacoli principali relativi all’utilizzo di una maggiore quantità di energia dalla luce solare.
“Dal momento che questo nuovo polimero riduce notevolmente la perdita di energia del fotone, ci ha permesso di raggiungere un’eccellente efficienza di conversione di quasi il 9% con una tensione molto alta a circuito aperto”, spiegano gli scienziati. Il prossimo obiettivo è portare tale efficienza al 15%, reputata la soglia pratica per poter parlare di commercializzazioni.