Le celle solari dell'EPFL hanno mantenuto oltre il 95 per cento della loro efficienza iniziale durante un test di invecchiamento accelerato di mille ore
(Rinnovabili.it) – Mentre sul silicio mono e poli cristallino si impernia la futura lotta solare tra Cina ed Europa, la perovskite è ancora chiusa nei laboratori tentando di conciliare alte rese con una buona stabilità. Perché il solare di ultima generazione sia commercialmente valido, infatti, non basta che sia in grado di offrire un’elevata efficienza di conversione della luce (ha raggiunto rendimenti superiori al 22 per cento) con bassi costi di produzione. Il fotovoltaico in perovskite deve poter mostrare di essere durevole e mantenere le sue buone prestazioni nel tempo.
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Gli scienziati del Politecnico di Losanna (EPFL) sono riusciti a migliorare notevolmente la stabilità operativa di queste celle solari, mantenendo oltre il 95 per cento della loro efficienza iniziale durante un test di invecchiamento accelerato: pieno sole a 60 gradi centigradi per più di 1000 ore.
“Data la grande versatilità chimica e la lavorabilità a basso costo dei cristalli di perovskite, essi promettono di incarnare il futuro della tecnologia fotovoltaica offrendo celle solari economiche, leggere e altamente efficienti”, spiegano gli scienziati del Politecnico in una nota stampa. “Ma fino ad ora, solo i prototipi a base di materiali molto costosi per il trasporto delle lacune (trasportari selettivi delle cariche positive in una cella solare) sono stati in grado di raggiungere efficienze di conversione oltre il 20 per cento. E a causa delle caratteristiche dei loro ingredienti, pregiudicano negativamente la stabilità operativa a lungo termine della cella”.
Il team di ricercatori è riuscito a risolvere il problema ottimizzando l’utilizzo di una delle migliori alternative scoperte sino ad oggi ai “tradizionali” trasportatori di carica: il tiocianato rame (CuSCN). Nello specifico hanno sviluppato un metodo dinamico e semplice per il deposito del CuSCN ed hanno introdotto una sottile strato distanziatore di ossido di grafene ridotto tra il questo e la superficie in oro d’oro. I risultati del lavoro, che segnano la massima stabilità mai raggiunta per il fotovoltaico in perovskite, sono stati pubblicati in questi giorni sulla rivista Science.