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Fotovoltaico in perovskite, prestazioni migliorate con una “strizzata”

Fotovoltaico in perovskite, prestazioni migliorate con una “strizzata”

 

(Rinnovabili.it) – Il fotovoltaico in perovskite ha gli occhi della ricerca mondiale puntati addosso. Ribattezzato il Sacro Graal dell’energia solare, è riuscito in pochissimo tempo a dimostrarsi una scommessa di successo per l’energia solare, raggiungendo efficienze superiori al 20 per cento. Nonostante parlare di commercializzazione per questa tecnologia sia ancora prematuro, il gap tra laboratorio e mercato si accorcia ogni giorno di più, come dimostra l’ultimo lavoro della Stanford University. Qui un team di chimici ha scoperto che applicando una certa pressione ai cristalli di perovskite è possibile modificare, o meglio migliorare, la loro capacità di assorbire la luce del sole.

 

“I nostri risultati suggeriscono che siamo in grado di aumentare le tensioni delle celle solari in perovskite applicando una pressione esterna”, spiega Hemamala Karunadasa, tra gli autori del lavoro pubblicato nell’ultimo numero di ACS Central Science. “Abbiamo anche osservato un sensibile aumento nella conduttività elettronica di tali materiali”.

 

Karunadasa e colleghi hanno cercato di valutare come la pressione influenzi il modo in cui le perovskiti ibride di piombo, iodio o bromo, e composti organici, reagiscono alla luce. Per scoprirlo, i ricercatori hanno caricati campioni di cristallo tra due diamanti per poi “strizzarlo” meccanicamente.

 

Fotovoltaico in perovskite, prestazioni migliorate con una “strizzata”

 

I risultati del trattamento sono stati visibili da subito a occhio nudo. Un campione, normalmente di color arancio è divenuto di un colore più chiaro con la compressione, a dimostrazione del fatto che la perovskite stesse assorbendo onde luminose ad alta energia. Ma man mano che la pressione andava aumentando, il colore diventava sempre più scuro, indice dell’assorbimento anche della luce a minore energia.

 

“I nostri risultati suggeriscono che la compressione può adattare la lunghezza d’onda della luce assorbita. Questa pressione può essere raggiunto sia con mezzi meccanici che chimici.”

In altre parole, il lavoro di Stanford dimostra che la pressione si comporta come una sorta di manopola di sintonizzazione, migliorando le proprietà di assorbimento luminoso della perovskite in modo prevedibile.

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