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Il fotovoltaico in perovskite impara ad autorigenerasi

fotovoltaico in perovskite
via depositphotos.com

 Un nuovo studio incrementa la stabilità del fotovoltaico in perovskite

(Rinnovabili.it) – Le prime fabbriche europee di fotovoltaico in perovskite sono ormai pronte ma la tecnologia sta ancora cercando processi e soluzioni in grado di garantirle uno ruolo di primo piano sul mercato solare. L’ultimo progresso in tal senso arriva in questi giorni dalla dell’Accademia cinese delle scienze (CAS) dove un team di scienziati ha creato una speciale cella capace di autorigenerarsi

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Il lavoro del gruppo è partito dal metilammonio piombo ioduro (CH3 NH3 PbI3) una delle perovskiti più promettenti, ai fini fotovoltaici ed ottici, grazie un’efficenza paragonabile a quella del silicio. Negli ultimi anni la ricerca di settore si è dedicata all’ottimizzazione dei metodi di crescita e di elaborazione del CH3 NH3 PbI3 al fine di migliorarne le prestazioni e risolvere i problemi di stabilità. Uno dei più grandi scogli da superare con questo materiale è l’umidità atmosferica: invade le pellicole fotovoltaiche accelerandone il danneggiamento. 

La soluzione proposta dagli scienziati dell’Accademia coinvolge un secondo materiale: il polivinilpirrolidone (PVP), un polimero idrosolubile impiegato oggi anche come additivo alimentare. Il team ha introdotto il PVP nel precursore della perovskite al fine di controllare la crescita dei cristalli, ridurne i difetti e formare un film compatto di eccellente qualità elettronica. Con il risultato di ottenere un’efficenza di conversione del 20,32%.

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Ma l’aspetto più rilevante è un altro. Il polimero fornisce una sorta di armatura protettiva nei confronti degli agenti esterni e in particolare dell’umidità, aumentando la stabilità del fotovoltaico in perovskite. Inoltre regala alle celle una capacita autorigenerante. Dopo 500 ore di utilizzo ad alta umidità (sopra il 65%), le forti interazioni tra polimero e CH3 NH3 PbI3 garantiscono una buona ricristallizzazione della pellicola. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Energy Chemistry (testo in inglese).

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