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Fotovoltaico in perovskite, può resistere 500 ore a 85 gradi

 

Fotovoltaico in perovskite, può resistere 500 ore a 85 gradi

 

(Rinnovabili.it) – In una manciata di anni il fotovoltaico in perovskite ha raggiunto i traguardi che al silicio sono costati decenni. Più convenienti e teoricamente anche più efficienti, le celle a base di questi cristalli hanno ancora un punto debole non indifferente: la stabilità termica. A lungo andare il calore degrada la struttura, limitando progressivamente le prestazioni e riducendone la vita utile.

 

A porre rimedio al problema sono ora gli scienziati del politecnico di Losanna (EPFL). Il gruppo del Laboratorio di Michael Gratzel, è riuscito a stabilizzare il fotovoltaico in perovskite inserendo nell’architettura molecolare un secondo materiale, e per la precisione il rubidio, un metallo alcalino.

 

Fotovoltaico in perovskite, può resistere 500 ore a 85 gradi

 

Il lavoro svolto dal team di scienziati – e pubblicato in questi giorni sulla rivista Science – mirava a individuare il materiale perfetto da integrare nella cella senza compromettere la sua effettiva efficienza nel convertire la luce del sole in energia elettrica. La scelta vincente è stata l’uso di cationi (ioni con carica positiva) di rubidio: una volta “miscelati” con i cristalli di perovskite hanno permesso al fotovoltaico di mantenere la stabilità per oltre 500 ore continue sotto la luce, ad una temperatura di ben 85 ° C. Ma non solo. La resa del prototipo (una cella per ora di soli 0.5 cm2 di superficie) si è mantenuta ai livelli record di 21,6%.

Non che il gruppo fosse nuovo a efficienze così alte. Al Laboratorio di Michael Gratzel si deve, infatti, anche la recente scoperta che, riducendo brevemente la pressione durante la fabbricazione della perovskite artificiale è possibile aumentare sensibilmente le prestazioni delle celle di grandi dimensioni.

Il progetto, guidato dallo scienziato Michael Saliba, ha anche mostrato che il fotovoltaico in perovskite costruito con rubidio produce una tensione vicina cosiddetto “limite termodinamico”, ossia la massima efficienza teorica di conversione di luce solare in elettricità. “Questo elemento apre la strada alla scalabilità industriale di, nuova generazione di fotovoltaico”, spiega Saliba, che ha già presentato domanda di brevetto per il lavoro svolto.

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