Rinnovabili • fotovoltaico ibrido azoto

Innovazione italiana: nel futuro del fotovoltaico ibrido c’è l’azoto curativo

Economica, atossica e di facile applicabilità, la molecola permetterebbe di allungare la vita media delle celle in perovskiti organiche-inorganiche

 

fotovoltaico ibrido azoto

 

IL CNR testa le proprietà stabilizzanti dell’azoto nei cristalli del fotovoltaico ibrido

(Rinnovabili.it) – L’ultima novità nel campo della tecnologia solare arriva dall’Italia e più precisamente dalla collaborazione fra due strutture del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR): l’Istituto di microelettronica e microsistemi di Catania e l’Istituto di nanotecnologia di Lecce. Il team di ricercatori CNR ha messo a punto un processo in grado di migliorare le prestazioni del fotovoltaico ibrido, appellativo oggi riservato alle celle solari a base di perovskiti organiche-inorganiche.

 

Questi cristalli artificiali sono la principale classe di nuovi materiali su cui si sta concentrando la ricerca di settore. I motivi di tanta attenzione sono ormai noti da tempo: le perovskiti ibride, e in particolare quelle organometalliche di alogeni, possiedono un’alta efficienza di conversione della luce solare e offrono una riduzione dei costi di produzione grazie alla possibilità di impiegare tecnologie di fabbricazione proprie della stampa su grandi volumi. Di fronte a ottimi presupposti ci sono ancora dei nodi che devono essere sciolti, a partire da una durata di vita ancora poco soddisfacente. Le celle solari a base di perovskite sono estremamente sensibili alla luce ultravioletta e all’umidità e questo significa un progressivo peggioramento delle loro performance durante il funzionamento.

 

>>Leggi anche Celle solari bifacciali in Si-perovskite, prestazioni record<<

 

È la stessa Alessandra Alberti, coordinatrice del lavoro sul fotovoltaico ibrido presso il Cnr-Imm di Catania a spiegare pro e contro “L’effetto dirompente della tecnologia che utilizza tale materiale ibrido […] si evince dalla rapida crescita dell’efficienza di conversione di energia ottenuta grazie ad essa, pari al più 9 per cento negli ultimi 8 anni di attività di ricerca. Il record attuale di efficienza certificata, nel palinsesto mondiale, ha raggiunto il 23,7 per cento”. Alta efficienza ma anche basso peso, flessibilità e trasparenza: caratteristiche che stanno alimentando grandi aspettative, e di conseguenza investimenti, nel settore pre-industriale. “A fronte di una tale rivoluzione, le celle solari a Perovskite hanno per il momento una bassa vita media, se confrontate alla tecnologia consolidata delle celle in silicio, a causa dell’instabilità nel tempo dell’architettura reticolare del materiale foto-assorbente. La mancata stabilità delle prestazioni nel tempo rappresenta, pertanto, il primo limite per una rapida e diffusa affermazione di mercato”.

 

L’innovazione per le celle in perovskite, firmata CNR

Il team di scienziati ha scoperto un processo “curativo”, economico ed ecofriendly, per aumentare la stabilità delle perovskiti ibridi. La chiave di tutto è l’azoto. “Tecniche avanzate di diagnostica ad ampio spettro – prosegue la ricercatrice – dimostrano come si possa finalizzare l’introduzione controllata di molecole di azoto dentro la Perovskite allo scopo di occupare i cosiddetti siti di degrado per stabilizzare l’architettura atomica del materiale”.

 

L’elemento è anche in grado di mitigare l’insorgenza di nuovi difetti reticolari, ossia imperfezioni nella ‘periodicità’ dell’architettura cristallina capaci di ridurre l’assorbimento dei fotoni. “Rispetto ad altre più complesse alternative – conclude Alberti- l’infiltrazione di azoto nelle perovskiti consentirebbe inoltre di uniformare discrepanze di rendimento tra materiali prodotti nei diversi laboratori e di aumentare la resa in assorbimento dei fotoni durante il funzionamento sotto irraggiamento solare”. Lo studio è pubblicato sulla rivista Advanced Energy Materials.