(Rinnovabili.it) – Moduli fotovoltaici marini da combinare con turbine eoliche galleggianti, elettrolizzatori offshore e sistemi di acquacoltura, per dare un nuovo volto alla cosiddetta Blue Economy. Questo il futuro che Saipem immagina per la transizione energetica mondiale. La multinazionale italiana sta ridisegnando il suo ruolo nel comparto energetico ampliando il portafoglio tecnologico green con soluzioni di ultima generazione. E lo fa, ovviamente, partendo dalla sua decennale esperienza nel settore offshore.
Tra le prime tecnologie verdi a prendere il largo c’è il nuovo modello di fotovoltaico flottante, messo a punto in collaborazione con la norvegese Equinor. A marzo di quest’anno le due società hanno firmato un accordo di cooperazione con l’obiettivo di realizzare soluzioni ad hoc per l’installazione di pannelli solari galleggianti vicini alla costa. Al centro dell’intesa c’è il concept sviluppato in-house da un’altra realtà norvegese: la Moss Maritime, uno dei fiori all’occhiello della nuova divisione XSIGHT di Saipem.
La società ha creato un design che facilita la costruzione e la installazione di impianti fotovoltaici in acqua. Si tratta una piattaforma galleggiante, modulare e flessibile, che può essere personalizzata in base al luogo d’installazione e alla potenza cercata. Cosa ha di speciale? Che al contrario dei sistemi su cui poggia l’attuale tecnologia del solare galleggiante – destinato per lo più a laghi artificiali, cave sommerse o bacini idroelettrici – il concept di Moss Maritime non teme un ambiente più ostico ma dalle potenzialità illimitate: il mare.
A spiegarne l’innovazione è l’Ing. Mauro Piasere, Chief Operating Officer della Divisione XSIGHT e Direttore Innovazione Digitale. “Fino ad ora il fotovoltaico flottante è stato installato nei bacini e nelle aree marittime interne”, ha sottolineato Piasere. “Il progetto Moss prevede, invece, la possibilità di utilizzare questa tecnologia anche in mare aperto grazie ad un sistema capace di resistere ad onde significative alte fino a 4 metri”.
La forza del sistema sta proprio qui, in un’innata resilienza che lo rende resistente alla corrosione dell’acqua marina e alle condizioni meteorologiche più severe, assicurando l’integrità dei moduli – e dunque la produzione energetica – e consentendo l’installazione anche in zone esposte a venti e onde. Il merito va anche alla sua estrema flessibilità: la struttura non è rigida ma, grazie alle speciali giunture tra le unità, segue docilmente il movimento ondoso.
“Altro aspetto particolarmente innovativo della tecnologia Moss è la sua modularità ed economicità”, spiega il CCO di XSIGHT. La piattaforma si compone di moduli standardizzati da collegare fra loro fino a realizzare impianti di centinaia di MW. Questo approccio rende più efficiente la fabbricazione, il trasporto e l’installazione dei componenti, riducendo al contempo le esigenze di manutenzione. In altre parole, è possibile realizzare impianti fotovoltaici flottanti anche aree di difficile accesso o dove non sono presenti grandi superfici idriche, contenendo i costi complessivi.
Come parte dell’accordo di cooperazione, Equinor e Moss Maritime hanno unito le loro esperienze e il loro know-how per sviluppare ulteriormente il concept. L’idea è di mettere a punto una tecnologia “flat pack”, che sia abbastanza facile da configurare anche da remoto.
“Abbiamo immaginato una sorta di ‘modello IKEA’ per fotovoltaico flottante, un sistema completamente smontabile e riposizionabile in tempi brevi”, aggiunge Piasere. Il sistema consiste di diversi galleggianti, un sistema di ormeggio convenzionale e pannelli fotovoltaici protetti in un telaio da vibrazioni e flessioni. Gli inverter si troverebbero su sottostazioni o all’interno di moduli disposti sul fondale, in maniera da trasferire sulla terra ferma direttamente corrente alternata da immettere in rete.
Oggi la società sta guardando ai mercati nel Mar Mediterraneo e del sud-est asiatico con l’obiettivo di fornire vere e proprie isole galleggianti in grado di sviluppare centinaia di MW di potenza verde. Sistemi offshore o nearshore che ben si presterebbero all’integrazione tecnologia per formare innovativi hub energetici. La soluzione, infatti, potrebbe far parte far parte di progetti ibridi, in cui i moduli solari marini convivono con turbine eoliche galleggianti, impianti per la generazione di energia da onde o correnti e persino elettrolizzatori offshore per la produzione di idrogeno verde in mare. Allo stesso tempo è possibile immaginare una commistione tra questi innovativi distretti energetici e futuri impianti di acquacoltura dedicati all’allevamento ittico e di alghe.
Quali sono i vantaggi del fotovoltaico flottante?
Il fotovoltaico galleggiante si è ritagliato una piccola ma consistente fetta del mercato solare negli ultimi anni. In realtà il primo sistema sperimentale risale al 2007 ed è stato costruito ad Aichi, in Giappone, seguito da molti altri paesi, tra cui Francia, Italia, Corea del Sud, Spagna e Stati Unit. Oggi il comparto conta oltre 1.3 GW di capacità di picco cumulata, installata a livello globale. E secondo gli esperti i settore è proiettato verso la classe dei TeraWatt (Report Where Sun Meets Water). Si tratta di un’incredibile salto di qualità, concentrato per lo più dal 2016 al 2019. Dietro all’appeal per questo nuovo trend tecnologico ci sono essenzialmente tre fattori: l’impronta ecologica, l’efficienza e i vantaggi “collaterali”.
Queste installazioni aprono nuove opportunità alla crescita della capacità solare, specialmente nei paesi ad alta densità demografica, dove la disponibilità delle terre è limitata o i costi per l’uso del suolo sono esorbitanti; non è un caso che il mercato del fotovoltaico flottante sia fiorito soprattutto nella regione dell’Asia Pacifico. Ma l’opzione è preziosa anche per l’occidente. L’acqua permette di realizzare un sistema di raffreddamento naturale che abbassa la temperatura le celle garantendo che non perdano di potenza per eventuali surriscaldamenti. Inoltre, la superficie dell’acqua riflette i raggi solari, comportandosi come una sorta di concentratore a specchio; in questo modo i moduli possono catturare anche la luce riflessa, aumentando ulteriormente la produzione.
Nel contempo si riduce il rischio di ombre dovute a piante o palazzi, così come quello legato alla presenza di polvere, terra o sabbia. E se nei bacini idrici artificiali la tecnologia fornisce anche una mano per tutelare la qualità e la quantità d’acqua (impedendo l’evaporazione), le centrali offshore o vicino alla costa posso creare addirittura degli innovativi hub di blue economy. Vere e proprie centrali di sostenibilità, dimensionabili in base alle esigenze.
In Italia il primo progetto di questo genere potrebbe sorgere a largo della Costa di Ravenna. Saipem ha firmato a un Memorandum of Understanding con le italiane Agnes e QINT’X per portare sull’acqua un’ambiziosa iniziativa: creare un distretto marino integrato nell’ambito delle rinnovabili che riconverta il settore dell’Oil & Gas creando vantaggiose sinergie tra fotovoltaico, eolico e idrogeno. E il futuro è servito.
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