Gli impianti solari galleggianti stanno conquistando una fetta sempre maggiore nei mercati asiatici. E le previsioni a breve termine schizzano alle stelle
Uno sguardo al mercato del fotovoltaico flottante di domani
(Rinnovabili.it) – Accanto agli impianti a terra e a quelli integrati in edilizia (tetto e pareti), una altra categoria di installazioni solari si sta facendo spazio nel mercato energetico. Parliamo del fotovoltaico flottante, ossia pannelli solari realizzati su strutture galleggianti da porre sulla superficie di laghi artificiali, bacini idroelettrici e persino in mare aperto. Allo stato attuale nel mondo esistono circa 350 sistemi di fotovoltaico flottante in attività, tra impianti di test e strutture commerciali, per una capacità cumulata di circa 2,6 GW. Ovviamente la potenza installata sino ad oggi ne fa ancora una tecnologia di nicchia, ma le previsioni per il futuro a breve termine sono più che rosee. Secondo un recente rapporto della Fitch Solutions, il mercato dei moduli solari galleggianti è destinato a crescere velocemente nei prossimi 5 anni. La società prevede che a livello mondiale si raggiungeranno i 10 GW di nuova capacità entro il 2025. In altre parole, il segmento dovrebbe mostrare un tasso di crescita medio superiore al 20 per cento.
E nonostante l’appeal per questi sistemi stia avanzando su scala globale, il vero boom si registrerà in Asia, in paesi quali Cina, Corea del Sud, India, Thailandia e Vietnam. Il continente ospita già l’impianto fotovoltaico galleggiante più grande del mondo nella Repubblica popolare, mentre è in corso la costruzione di un progetto da ben 2,1 GW in Corea del Sud.
I motivi di questa sorta di specializzazione geografica del fotovoltaico flottante sono diversi. Primo fattore fra tutti: la disponibilità del suolo. Non è un caso, infatti, che questa tecnologia sia sia diffusa prima in quelle nazioni in cui la disponibilità delle terre è limitata o dove i costi per l’uso del suolo sono esorbitanti. La maggior parte delle installazioni realizzate sino ad oggi sono fiorite su ex-bacini industriali e minerari, riserve d’acqua potabile o vasche per l’irrigazione, quindi in ambienti teoricamente privi di grossi vincoli ambientali. Ma tra le leve della futura espansione c’è anche l’accoppiata con le centrali idroelettriche. Diversi impianti di solare galleggiante sono direttamente installati su bacini delle dighe, una scelta che permette non solo di risparmiare spazio ma anche di sfruttare l’infrastruttura di trasmissione esistente, semplificando i lavori di interconnessione.
Lo sa bene l’India che da tempo sta investendo su questo mix. Solo qualche settimana fa, la società elettrica statale indiana Damodar Valley Corporation ha annunciato che realizzerà 1,7 GW di fotovoltaico flottante in quattro delle sue dighe negli stati del Bengala occidentale e del Jharkhand. Ed è solo l’inizio. Un rapporto del think tank The Energy and Resources Institute (TERI), che ha scoperto che i serbatoi del paese potrebbero essere utilizzati per installare fino 280 GW fotovoltaici. I numeri crescono ancora se lo sguardo si sposta alle dighe mondiali. Un recente documento del NREL statunitense ha intensificato un potenziale globale per il fv galleggiante ibridato con l’energia idroelettrica che va da 3,0 TW a 7,6 TW (da 4.251 TWh a 10.616 TWh di generazione annuale).
Per concretizzare le nuove opportunità, tuttavia, i costi dovrebbero essere ridotti ulteriormente. Moduli solari e inverter sono tecnologie ormai mature. A far lievitare la spesa è soprattutto la voce Balance of System, che comprende i costi della struttura galleggiante, dei sistemi di ormeggio e gli ancoraggi (ogni soluzione deve essere studiata e ingegnerizzata in base alle caratteristiche del sito). Anche i costi flessibili o soft cost (manodopera, progettazione e ingegneria, catena di approvvigionamento e logistica) sono un fattore significativo che contribuisce all’elevato capitale investito per questo tipo di applicazioni.