Rinnovabili

Fotovoltaico e biodiversità

Fotovoltaico e biodiversità
Image by Harald Meyer-Kirk from Pixabay

                                                          di Francesca Ferrara e Rosaria Thea Calì

Rinnovabili e biodiversità

Le Politiche Europee spingono sempre di più verso lo sviluppo e l’utilizzo di energie rinnovabili, come riportato nel New Green Deal, con obiettivo decarbonizzazione, in cui l’Europa si pone come sfida quella di diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 e ridurre le emissioni di CO2 del 55%, rispetto al 1990, entro il 2030. Tra le fonti di energia rinnovabile più diffuse, il fotovoltaico risulta quella che potrebbe diventare la principale causa di trasformazione del suolo, andando ad incidere sulla biodiversità 1.

Secondo la Convenzione ONU sulla diversità biologica (CBD) di Rio del 1992, la tutela e la preservazione della diversità biologica a livello di geni, di specie, di comunità ed ecosistema, è uno dei principali obiettivi che le Nazioni Unite, Unione Europea inclusa, si sono imposte di portare avanti. Successivamente a questa prima Convenzione, nel 2014 è entrato in vigore il Protocollo di Nagoya, ossia il Piano Strategico per la biodiversità 2011-2020, anche nominato “Vivere in armonia con la natura”.

I punti del Protocollo di Nagoya, da raggiungere entro il 2050, sono definiti in 20 Target di Aichi, organizzati in 5 obiettivi strategici, volti principalmente a risolvere le cause della perdita della biodiversità instituendo questo tema all’interno di programmi di Governo e aumentandone la sensibilità nella società; a promuovere uno stile di vita “più sostenibile”; ad aumentare i benefici provenienti dalla tutela della biodiversità e ad incrementare la pianificazione partecipata, la gestione delle conoscenze ed il capacity buiding.

Indicatori di biodiversità, l’avifauna

Al fine di poter controllare e monitorare l’andamento della biodiversità è necessario l’utilizzo di uno standard unico e condiviso in grado di valutare con precisione questo sviluppo. Per fare ciò, si è arrivati ad adottare le Variabili Essenziali della Biodiversità (Essential Biodiversity Variables, EBVs), definite come gli indicatori necessari per studiare, rapportare e gestire l’andamento della biodiversità. Le principali caratteristiche che definiscono un indicatore sono la capacità di questo di capire le scale critiche e le dimensioni della biodiversità; l’essere un elemento biologico; essere in continua mutazione; sensibile ai cambiamenti; indipendente dagli ecosistemi; tecnicamente monitorabile, economicamente valido e sostenibile nel tempo.
La raccolta e l’analisi di questi dati scientifici è affidata ad un gruppo di 70 Stati, denominato Group on Earth Observations Biodiversity Observation Network (GEO BON). Gli indicatori principalmente studiati sono la botanica, gli invertebrati, gli uccelli ed i pipistrelli 2.

Concentrandosi sugli uccelli, è possibile affermare che questi risultano essere degli ottimi indicatori di biodiversità in quanto riescono a riflettere le variazioni delle specie di cui si nutrono (principalmente invertebrati) ed hanno la capacità di migrare quando un ambiente diventa non più adatto alla loro sopravvivenza. Un altro elemento particolarmente rilevante se si considerano gli uccelli come indicatori di biodiversità, è che tramite questi volatili è inoltre possibile analizzare l’andamento di altri vertebrati, come ad esempio le farfalle. Come riportato in uno studio di R.B. Blair “Birds and Butterflies along an Urban Gradient: Surrogate Taxa for Assessing Biodiversity?”,  il Professore dell’Università del Minnesota afferma che uccelli e farfalle possono essere utilizzati come surrogati gli uni degli altri, la ricchezza dei due indicatori, analizzati in sei siti nei pressi di Palo Alto in California, è risultata pressoché uguale; un’unica differenza è stata notata nell’abbondanza, mentre le farfalle risultano essere largamente presenti nei territori analizzati, gli uccelli si sono rilevati invece più scarsi, creando tra i due indicatori una correlazione in una scala spaziale di 1 in 10 Km. 

Impatto del fotovoltaico sulla biodiversità

Come precedentemente citato, l’uso dell’energia solare con il fotovoltaico potrebbe diventare una delle principali cause di trasformazione dell’uso del suolo.

Si stima che solo negli ultimi dieci anni, il numero e le dimensioni dei parchi solari siano aumentati esponenzialmente, passando da una capacità globale di circa 5 GW nel 2005 fino ad arrivare a 714 GW nel 2020, comportando una percentuale di crescita pari al 14180% 3.

I parchi solari si basano su un sistema composto da pannelli fotovoltaici disposti a terra, per questo motivo la loro realizzazione necessita di grandi spazi aperti. I terreni che principalmente vengono adibiti a questo scopo sono quelli destinati alle attività commerciali, ai terreni agricoli coltivati o alle foreste commerciali. Tra questi, l’utilizzo dei terreni destinati all’agricoltura risulta, di solito, il più allettante, dato che ha dei bassissimi costi e solitamente sono facilmente accessibili 4.

Se da un lato è vero che l’inserimento dei parchi solari all’interno di un contesto agricolo può in qualche modo aumentare la biodiversità perché con quest’ultimo utilizzo viene meno l’uso di pesticidi e la larga presenza degli esseri umani (il disturbo antropico), dall’altro lato è vero che la presenza di un parco solare in un terreno che precedentemente era dedicato all’agricoltura intensiva o estensiva, può causare gravi danni alla biodiversità perché i pannelli, le stazioni e i cavi dell’alta tensione generano un cambio radicale degli habitat dove la biodiversità era solita vivere. A causa della rimozione degli alberi, delle coltivazioni ed in generale delle modifiche che vengono apportate ai paesaggi (prati, arbusteti, coltivazioni…), si va così a creare una perdita, un degrado ed una frammentazione degli habitat, condizione deleteria per la biodiversità5.

Come limitare la perdita di biodiversità

Data la crescente diffusione dei parchi solari, risulta ad oggi necessario trovare delle soluzioni in grado di far convivere tra di loro flora, fauna ed impianti fotovoltaici.

Alcune delle possibili soluzioni partono dai comportamenti adottabili nei campi coltivati che solitamente si trovano attorno ai parchi solari, riducendo l’utilizzo di fertilizzanti e biocidi, il guadagno dal punto di vista della biodiversità risulterebbe evidente; la stessa condizione varrebbe anche per la manutenzione dei pannelli, dove si dovrebbe essere certi che l’acqua utilizzata per la pulizia non contenga agenti contaminanti, pericolosi per la biodiversità 6.

Oltre a queste azioni che sono per lo più legate al mantenimento dei parchi solari, esistono pratiche che se applicate, non solo possono ridurre i problemi di perdita della biodiversità bensì incrementarne la presenza, utilizzando i parchi solari come implementazioni di sistemi ecologici preesistenti.
Un elemento largamente presente in tutti i parchi solari sono le barriere o i recinti, una delle principali cause di blocco per i corridoi ecologici. Se all’interno di questi elementi venissero predisposte delle aperture, dei passaggi, per far sì che la fauna possa attraversare in maniera sicura il parco, l’integrità, quantomeno dei percorsi dei corridoi ecologici, potrebbe essere preservata 7. (Figura 1)

Figura 1: Rappresentazione di un parco solare in cui non sono prese in considerazione le possibili soluzioni progettuali per agevolare la coesistenza con la biodiversità.

Considerando i bisogni e i comportamenti degli uccelli, che sono uno dei principali indicatori del benessere della biodiversità, è opportuno prestare attenzione anche alla disposizione dei pannelli fotovoltaici a terra. Quando questi sono troppo vicini gli uni agli altri, si genera un fenomeno chiamato “effetto lago”, gli uccelli sorvolando dall’alto il parco solare potrebbero essere attratti dai pannelli che hanno le sembianze di specchi d’acqua e lanciarsi in picchiata su questi, perdendo la vita 8. Sarebbe dunque opportuno considerare di distribuire i pannelli fotovoltaici ad una maggiore distanza tra di loro, interponendoli fra aree prative o con arbusti; soluzione che, pur comportando un maggiore uso del suolo, potrebbe prevenire uno dei principali fenomeni legati al deterioramento dell’avifauna e quindi alla conseguente perdita di biodiversità. (Figura 2)

Figura 2: Rappresentazione di un parco solare in cui le azioni volte a tutelare ed incrementare la presenza della biodiversità vengono attuate: apertura di passaggi per i corridoi ecologici; elementi arbustivi e prativi tra i pannelli fotovoltaici; distanziamento tra i pannelli per evitare l’effetto “lago”.


  1. COM (2021) 505 final https://eurlex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52021DC0550&from=EN
  2. GeoBon. Group on Earth Observations. https://geobon.org/ebvs/what-are-ebvs/
  3. S. Bentouba, M. Bourouis, N.Zioui, A. Pirashanthan, D. Velauthapillai, Performance assessment of a 20 MW photovoltaic power plant in a hot climate using real data and simulation tools, Energy Reports, Volume 7, 2021, pp. 7297-7314
  4. Coates et al. (2014); Hammar et al. (2015); Krone et al. (2013); Lindeboom et al. (2011)
  5. Lammerant, L., Laureysens, I. and Driesen, K. (2020) Potential impacts of solar, geothermal and ocean energy on habitats and species protected under the Birds and Habitats Directives. Final report under EC Contract ENV.D.3/SER/2017/0002 Project: “Reviewing and mitigating the impacts of renewable energy developments on habitats and species protected under the Birds and Habitats Directives”, Arcadis Belgium, Institute for European Environmental Policy, BirdLife International, NIRAS, Stella Consulting, Ecosystems Ltd, Brussels, pp. 12-20
  6. Horvat et al. (2010)
  7. BRE National Solar Centre (2014); Peschel (2010)
  8. Kagan, Viner, Trail, & Espinosa (2014)
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