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Fotovoltaico competitivo con le fossili prima del 2030

Secondo la banca di investimento dobbiamo installare a livello globale 53 GW di fotovoltaico all’anno. E possiamo farcela grazie al calo dei prezzi

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(Rinnovabili.it) – Servono almeno 53 GW di fotovoltaico installato all’anno, fra il 2013 e il 2020, perché il mondo possa evitare gli impatti più dolorosi del cambiamento climatico. Lo sostiene un report della banca di investimento Citigroup, secondo cui dovremmo aumentare di molto la potenza rinnovabile installata per avviare una transizione energetica degna di questo nome. In particolare, la parte del leone dovrà giocarla il solare.

Confrontando uno scenario business as usual, cioè di completa inazione, con uno invece che preveda le mosse concrete immaginate da Citigroup, gli analisti sostengono che le emissioni potrebbero calare da 0.54 tonnellate di CO2 equivalente al MWh a 0.25 t/MWh solo cambiando il mix energetico.

«Nel 2040 stimiamo che siano risparmiate 15.4 gigatonnellate di CO2 con questo scenario. Due terzi di tale risparmio verrebbero da investimenti in fotovoltaico ed eolico onshore, mentre il restante terzo da investimenti nell’efficienza energetica».

 

Fotovoltaico competitivo con le fossili prima del 2030

 

Citi non manca di sottolineare una differenza importante fra le sue previsioni e quelle della IEA, dichiarando che lo scostamento è dovuto alle diverse aspettative riguardo alla penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico. In particolare, per quanto riguarda il solare, gli analisti della banca chiedono uno sforzo al mondo molto maggiore perché si immaginano una sua competitività ben superiore. L’Agenzia internazionale per l’energia stima che si arriverà a 33-34 GW l’anno di fotovoltaico sul pianeta entro il 2030, mentre Citigroup si spinge molto oltre: possiamo raggiungere i 53 GW. Secondo gli analisti il crollo dei prezzi dell’elettricità da rinnovabili porterà molte fonti pulite ad essere competitive con i combustibili fossili entro il 2030. Perciò, spiegano, non ci sarebbe bisogno di nuovi incentivi. È quello che chiamano “darwinismo energetico”: con o senza l’aiuto della politica, il fotovoltaico diverrà sufficientemente conveniente da soppiantare le fonti convenzionali.

 

Una visione tipicamente neoliberale, che lascia al mercato il compito di autoregolarsi. Tuttavia forse sarebbe più semplice se i governi, parallelamente, non sussidiassero le fonti fossili con cascate di miliardi di dollari all’anno.