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Fotovoltaico cinese: gli Stati membri vogliono solo 12 mesi di dazi

Fotovoltaico cinese: gli Stati membri vogliono solo 12 mesi di dazi

 

(Rinnovabili.it) – Due anni, poi diciotto mesi, ora solo 365 giorni: si va restringendo sempre di più la proposta di proroga avanzata per le misure anti dumping applicate al fotovoltaico cinese. Ma nella guerra al solare “made in China”, il braccio di ferro si è rapidamente spostato da Bruxelles-Pechino a Bruxelles-Ventotto. È, infatti, stata la maggioranza degli Stati membri a respingere la prima proposta della Commissione Europea di estendere le misure punitive su moduli e celle cinesi per altri due anni.

 

L’esecutivo ha dovuto rimettere mano al progetto, abbassando la proroga a 18 mesi. Un’opzione su cui le nazioni europee sembrano più disponibili, avendo dato il loro ok formale lo scorso venerdì. Tuttavia fonti ufficiali della Commissione hanno rivelato che l’estensione potrebbe essere anche più breve. Si parla di soli 12 mesi, opzione ventilata dagli stessi Stati membri che sono ricorsi alla Corte d’appello contro la prima decisione di Bruxelles.

 

L’esecutivo è alle prese con il processo di revisione delle misure compensative applicate all’import solare dalla Cina. Misure ormai in vigore dal 2013, quando, dopo un lungo periodo di investigazioni, l’UE aveva ammesso la presenza di pratiche commerciali scorrette da parte della Repubblica popolare nel settore solare. Incentivi statali generosi e prezzi forzatamente ribassati, hanno in quegli anni spostato l’industria fotovoltaica dall’Europa all’Asia orientale, Cina in primis. Accanto alla delocalizzazione della produzione, si è assistito anche ad un crollo del settore europeo, schiacciato da una feroce competizione.

 

La soluzione è stata quella di correggere il low cost cinese con dazi aggiuntivi. Le misure non sono state però applicate a produttori cinesi più collaborativi per i quali invece sono stati fissati una soglia minima di prezzo e volumi massi per l’export. Il regime compensativo europeo è oggi prossimo alla scadenza e la Commissione deve emanare una decisione definitiva entro il prossimo 4 marzo, con il consenso però della maggioranza degli Stati membri.

 

La situazione è più spinosa del previsto nono solo per la profonda spaccatura in seno all’industria solare europea rappresentata dall’opposizione UE ProSun- SolarPower Europe, ma anche per il rinnovato interesse dell’Unione Europea nei confronti di Pechino che oggi incarna il ruolo di alleato più probabile sia sulle questioni climatiche, sia su quelle legate alla lotta intrapresa contro protezionismo commerciale.

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