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Fotovoltaico cinese: i dazi UE danneggeranno l’occupazione?

Fotovoltaico cinese: i dazi UE danneggeranno l’occupazione?

Fotovoltaico cinese: i dazi UE danneggeranno l’occupazione?

 

(Rinnovabili.it) – “Dazi o non dazi?”. Questo il dilemma che si fa strada in Europa sulla questione dell’import fotovoltaico dalla Cina. Mentre la Commissione è impegnata a portare avanti l’indagine sulle presunte pratiche di dumping attuate dei produttori cinesi, i rappresentati dei due schieramenti si “affrontano” su una nuova questione: le ricadute sul settore occupazionale derivate dalla possibile imposizione di dazi comunitari.

 

Secondo un nuovo studio reso noto dall’Alliance for Affordable Solar Energy (AFASE) l’imposizione da parte di Bruxelles di tariffe su moduli “made in China” potrebbe portare alla perdita di oltre 240mila posti di lavoro europei nei prossimi tre anni. Il rapporto redatto dall’istituto economico indipendente Prognos, mostra l’impatto che le misure protezionistiche (nella misura del 20%, 35% o 60%) avrebbero sull’occupazione e sul valore aggiunto nell’UE dal 2013 al 2015. Secondo gli autori i 240mila posti di lavoro persi si avrebbero nella peggiore delle ipotesi, collegata ovviamente all’imposizione da parte dell’esecutivo UE di dazi del 60% sull’import. Una simile misura – spiega AFASE che ha presentato le sue conclusioni alla Commissione europea lo scorso lunedì 18 febbraio – taglierebbe oltre 193.000 occupati già nel primo anno, dei quali 22.600 soltanto in Italia.

 

Caustica la risposta di Milan Nitzchcke, Vice Presidente di EuProSunÈ abbastanza cinico usare l’argomentazione della perdita dei posti di lavoro nel giorno in cui due dei grandi produttori solari europei hanno dovuto dichiarare bancarotta. Il dumping cinese danneggia l’intera industria solare, e ha già causato la perdita del lavoro a migliaia di cittadini europei, molte chiusure di stabilimenti e più di 30 grandi fallimenti”.  Come sottolineato da Nitzchcke per smentire la previsione pessimista di Prognos basterebbe il caso degli Stati Uniti dove nessuno degli effetti negativi, previsti da un rapporto simile, si sono verificati dopo l’introduzione di dazi antidumping sui prodotti cinesi a percentuali variabili tra il 30 a 250 per cento.

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