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Fotovoltaico, per la Cina è tempo di Generazione Distribuita e delocalizzazione

Mentre all’orizzonte si profila l’ipotesi di un raggiro dei dazi anti-dumping imposti dall’Europa, il Governo cinese studia un piano per incrementare la generazione solare distribuita e risollevare la propria industria fotovoltaica

Fotovoltaico, per la Cina è tempo di Generazione Distribuita e delocalizzazione(Rinnovabili.it) – Il settore dell’energia solare occupa a tempo piano i funzionari cinesi. Mentre sul piano internazionale la Repubblica Popolare è in piena fase di negoziazione con l’Unione Europea per mettere fine alla diatriba innescata dall’indagine anti-dumping, a livello interno il Governo è pronto a far rinascere un comparto, quello fotovoltaico,oggi più sofferente che mai. La strada scelta potrebbe essere quella della generazione distribuita come annuncia in questi giorni la China National Energy Administration (NEA) alle prese con la formulazione di un nuovo piano per realizzare una  serie di impianti solari dimostrativi in tutto il Paese.

 

Il programma della NEA prevede, secondo quanto riferito da PV Tech, installazioni pilota in zone di sviluppo economico e parchi industriali coinvolgendo aziende ad alta intensità energetica e in aree con abbondanti risorse solari. Le zone prescelte saranno finanziate da un unico gruppo di sviluppo del progetto, utilizzando un modello di ‘self-generate/consume‘ a cui si aggiungeranno gli incentivi governativi. Dopo l’annuncio di Pechino d’essere pronto ad aiutare la propria industria fotovoltaica in difficoltà, questa potrebbe essere la prima mossa per ridare vigore alla potenzialità interne del Paese che non preveda pericolose delocalizzazioni. Secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg tra le contromisure ventilate dall’industria fotovoltaica cinese ci sarebbe anche quella di trasferire all’estero gli stabilimenti, dal Sudafrica al Portogallo, passando per la Malesia e la Thailandia. Nel frattempo voci di corridoio vogliono l’attuale export solare della Cina per l’Europa appoggiarsi alla Croazia per entrare dentro i confini comunitari senza dover pagare i dazi provvisori imposti da Bruxelles.