Potrebbero essere estesi ancora per due anni i dazi antidumping e le misure compensative applicate al fotovoltaico cinese. L'industria europea ha due settimane per analizzare la proposta
(Rinnovabili.it) – Ancora due anni di dazi antidumping e di prezzi minimi garantiti sul fotovoltaico “made in China”. E’ quanto ha proposto ieri la Commissione Europea per la disputa commerciale nata in seno al mercato solare.
Da una parte ci sono i produttori cinesi che, a partire dal 2004, hanno conquistato il primo posto nell’industria fotovoltaica, con prezzi concorrenziali e aiuti governativi. Dall’altra ci sono i fabbricanti europei che non sono riusciti a tenere il passo del carro armato asiatico, e in più di un caso sono stati costretti a dichiarare bancarotta.
L’intervento dell’Unione Europea per risanare la situazione è arrivato solo nel 2013, dopo aver accertato la presenza di pratiche commerciali illegali da parte della Repubblica Popolare. La decisione dell’esecutivo europeo è stata quella di applicare all’import cinese di celle e moduli solari tasse compensative per un periodo di due anni, venendo fiscalmente incontro però a tutti quei produttori disposti ad accettare un prezzo minimo (0,56 euro per watt) ed un limite di volume sulle esportazioni.
Oggi, alla scadenza del periodo concordato, la Commissione è impegnata a concludere la procedura di revisione dei dazi per valutare se “sia o meno nell’interesse dell’Unione Europea mantenere le misure attualmente in vigore sulle celle del tipo utilizzato nei moduli o pannelli FV in silicio cristallino“. La decisione non arriverà prima del 2017 e per tutto il tempo del riesame si manterranno le attuali disposizioni doganali.
Bruxelles propende per continuare ancora sulla strada delle compensazioni per altri due anni, tagliando tuttavia il prezzo minimo garantito a 0,46 euro / watt. Scelta criticata da una parte dell’industria europea che, a margine della proposta di rinnovo dei dazi antidumping, ha manifestato una certa delusione. SolarPower Europe (ex Epia) sostiene che la grande maggioranza degli operatori del settore voglia la rimozione delle barriere commerciali. “Noi non crediamo che questo sia l’approccio corretto per far maturare un settore solare sostenibile in Europa, e ci aspettiamo che gli Stati membri pongano rimedio alcune delle imprecisioni riportate”, ha commentato Oliver Schaefer presidente SolarPower Europe.
Soddisfatta invece EU ProSun, l’associazione di produttori solari europei in prima fila nella battaglia solare. “Al fine di evitare eccessivi sforzi burocratici, migliorare la prevedibilità e creare maggiore certezza per gli investimenti, sarebbe preferibile estendere la validità periodica delle misure oltre i due anni”, ha commentato Milan Nitzschke, presidente di ProSun UE. Nel 2014 l’associazione ha consegnato alla Direzione generale Commercio della Commissione europea circa 1.000 pagine di documenti, con oltre 1.500 casi di prodotti solari cinesi messi in vendita a prezzi inferiori a quelli minimi stabiliti dall’accordo tra la Commissione europea e la Cina.
Le parti interessate hanno tempo fino al 6 gennaio pe rispondere prima che la Commissione faccia una proposta formale ai 28 governi dell’UE.