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Fotovoltaico e aree agricole, il caso del Piemonte

La Giunta piemontese ha stabilito che in alcune aree agricole – definite di elevato interesse agronomico – si possano realizzare esclusivamente impianti agrivoltaici

Fotovoltaico e aree agricole
Via depositphotos.com

    dell’Avv. Francesca Bisaro

Ancora una volta – come già accaduto in passato – ci troviamo davanti a una normativa che, nel settore delle rinnovabili, sostiene un passo diverso in ambito nazionale rispetto a quello regionale.

È il caso del Piemonte, la cui Giunta Regionale ha emanato, il 31 luglio scorso, la deliberazione n. 58-7356, con la quale ha stabilito che in alcune aree agricole – definite di elevato interesse agronomico – si possano realizzare esclusivamente impianti agrivoltaici, nonostante le stesse rientrino nella definizione di aree idonee ex lege ai sensi del D.lgs. 199/2021 e quindi fruibili anche per il fotovoltaico tradizionale.

Tali aree sono così definite:

  1. Aree appartenenti agli areali individuati dai disciplinari delle produzioni agricole vegetali a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), ad Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.), a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e Garantita (D.O.C.G.);
  2. Terreni agricoli e naturali ricadenti nella prima e seconda classe di capacità d’uso del suolo costituiti dai territori riconosciuti come appartenenti alla I e II classe nella “Carta della capacità d’uso dei suoli del Piemonte”, adottata con d.g.r. n. 75-1148 del 30 novembre 2010 e reperibili sul Geoportale della Regione Piemonte all’indirizzo https://www.geoportale.piemonte.it/cms/.

A tutto ciò si aggiunga la prescrizione in base alla quale bisogna mantenere almeno il 70% del valore della produzione agricola dei 5 anni precedenti all’installazione (requisito della continuità), che molto spesso si traduce nell’impiego di tecnologie avanzate ancor più dispendiose e di conseguenza economicamente poco sostenibili. 

La prima domanda che sorge spontanea è: se non ci fosse un’effettiva produzione DOP, IGP, DOC o DOCG sembrerebbe bastare l’indicazione della tipologia di area per rientrare nelle disposizioni regionali, ma quale sarebbe la continuità da garantire? Quale patrimonio agronomico da preservare?

Su tale linea quello che maggiormente salta all’occhio nel caso piemontese è che sembrerebbe che la Giunta, stante l’impasse del MASE nell’emanazione dei decreti attuativi in materia di aree idonee, abbia semplicemente ripreso la DGR precedente, che prevedeva già il limite della I e II classe di capacità d’uso del suolo (superata dalle disposizioni del già citato D.lgs. 199/2021) peggiorandola con l’aggiunta di un nuovo criterio (Aree appartenenti agli areali individuati dai disciplinari delle produzioni agricole vegetali a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), ad Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.), a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e Garantita (D.O.C.G.).

Se si considerano infatti i due requisiti come alternativi, le aree agricole interessate da entrambi comprendono la quasi totalità delle pianure piemontesi e questo nella sostanza si traduce in un blocco dello sviluppo del fotovoltaico tradizionale in area agricola con un danno enorme soprattutto per tutti i progetti già iniziati in aree idonea sulla base della normativa statale (con l’acquisto di terreni e pagamento delle TICA).

Qualora invece, come probabile, si proceda ad una lettura cumulativa dei due requisiti, la DGR può considerarsi maggiormente in linea con le intenzioni del legislatore che ha redatto prima il D.lgs. 199/2021 e poi la bozza del decreto attuativo circolata qualche mese fa.

Tale impostazione giustificherebbe infatti la richiesta di utilizzo esclusivo di una tecnologia agrivoltaica  in tutti i casi in cui un’area sia al tempo stesso D.O.P./I.G.P./D.O.C./D.O.C.G. e in classe I/II di capacità d’uso del suolo, anche se di fatto costituirebbe un grave limite all’utilizzo del fotovoltaico tradizionale che il legislatore nazionale meno di due anni fa ha voluto agevolare individuando aree idonee ex lege e prescrivendo alle Regione di legiferare in tal senso attenendosi ai criteri dallo stesso individuati. 

Da ultimo va sottolineato come la seconda interpretazione, operando un discostamento dalla vecchia disciplina regionale, e attuando le disposizioni nazionali contenute all’interno del D.lgs. 199/2021 – seppur in maniera più restrittiva rispetto ai criteri introdotti allora – troverebbe maggiore conformità anche nelle linee adottate in tema di fonti rinnovabili all’interno del PNRR e delle politiche dell’Unione Europea.