Superata la stabilità delle tradizionali celle solari in perovskite
Mentre una parte dell’Europa, Italia in primis, è impegnata a riportare nei propri confini la produzione di celle e pannelli solari, nell’Asia Pacifico si continua a premere l’acceleratore sulle nuove generazioni del fotovoltaico. L’ultimo grande progresso in tal senso arriva dalla City University di Hong Kong (CityUHK). Qui un gruppo di scienziati ha sviluppato una tecnica di fabbricazione fotovoltaica in grado di regalare stabilità alle celle solari in perovskite. Superando di fatto lo standard di settore.
Stabilità a lungo termine, la nota dolente delle perovskiti
In pochissimo tempo le celle solari a base di perovskiti hanno raggiunto prestazioni che avevano, invece, richiesto al silicio parecchi decenni. Dal primo prototipo di laboratorio, nel 2009, a oggi la loro efficienza di conversione è passata da appena il 3.8% al valore record di 26.7%. Un salto di quasi 30 punti percentuali in meno di 15 anni. E se si guarda alla tecnologia tandem Perovskite/Si il risultato raggiunto appare ancora maggiore, con un record ufficiale del 34,6%.
Il segreto? Questa classe di materiali artificiali offre un’elevata capacità di assorbimento solare e può essere sintonizzata sulle lunghezze d’onda interessate per ottenere il massimo del rendimento.
Ma se sulla capacità di trasformare la luce in elettricità non ci sono mai stati dubbi, in fatto di stabilità questa tipologia fv ha incontrato sempre grandi problemi. Le perovskiti più “performanti” sono particolarmente sensibili a umidità e calore, due fattori in grado di degradare rapidamente la durata di vita della cella. Per una tecnologia che ormai offre prodotti garantiti a 25-30 anni – i moduli in silicio cristallino -, qualsiasi prestazione inferiore di durata non sarebbe competitiva sul mercato.
Oggi c’è chi ha raggiunto un compromesso aumentando al massimo l’efficienza di conversione. Ma le ricerche sull’equilibrio stabilità-resa continuano ad andare avanti.
La nuova tecnica di fabbricazione fotovoltaica del CityUHK
E’ qui che si colloca la ricerca del CityUHK. La nuova tecnica di fabbricazione fotovoltaica può migliorare notevolmente le prospettive di commercializzazione delle celle solari in perovskite, ottimizzando durata, affidabilità, efficienza e convenienza.
Nel dettaglio il gruppo ha lavorato su due innovazioni. Innanzitutto sono riusciti a depositare la perovskite e lo strato di trasporto delle lacune in un unico passaggio, semplificando il processo generale. Quindi hanno impiegato il metodo di deposizione a strato atomico per creare uno strato di trasporto degli elettroni inorganico in ossido di stagno. Quest’ultimo sostituisce i tradizionali strati di trasporto elettroni a base di materiali organici come fullerene e BCP (batocuproina). E offre una notevole stabilità termica.
Cosa significa tutto ciò a livello di prestazioni?
Grazie alla nuova tecnica di fabbricazione il gruppo di ricerca ha ottenuto celle solari in perovskite con efficienze di conversione superiori al 25%, capaci di mantenere il 95% di questa efficienza dopo 2000 ore di lavoro a 65 °C.
“La struttura del dispositivo riportata in questo studio rappresenta l’architettura più semplificata nel campo attuale delle celle solari a perovskite, offrendo vantaggi significativi per l’industrializzazione”, ha affermato il dott. Gao Danpeng, coautore del documento e post-doc presso CityUHK. La fase successiva dello studio si concentrerà sull’applicazione di questa struttura innovativa a moduli solari in perovskite più grandi, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente l’efficienza e la scalabilità di questa tecnologia.
La ricerca è stata pubblicata su Science (testo in inglese).
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