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Decreto rinnovabili, i “sì” e i “no” delle associazioni

Dopo l’approvazione ieri da parte del Cdm, le associazioni di categoria hanno commentato, con toni diversi, la bozza di recepimento della direttiva 2009/28/CE avanzando rilievi critici, ipotesi di modifiche e in alcuni casi anche un apprezzamento all’impostazione generale del testo ora al vaglio della Conferenza Unificata e delle Commissioni Parlamentari

Sarà la carta d’identità normativa delle rinnovabili italiane, quella che l’Italia, secondo quanto disposto in sede comunitaria, dovrà approvare entro il 5 dicembre, per recepire la direttiva 2009/28/CE sulla promozione e l’uso di energia da fonti rinnovabili. Eppure il decreto legislativo “approvato ieri in via preliminare”:https://www.rinnovabili.it/direttiva-rinnovabili-dal-cdm-si-a-decreto-di-recepimento595981 dal Consiglio dei Ministri non sembra aver messo d’accordo proprio tutti. E se dall’esecutivo sono arrivati apprezzamenti e un coro di voci positive sul testo che ora passa al vaglio della Conferenza Unificata e delle Commissioni Parlamentari, le associazioni di categoria invece si dividono. Una coperta che, per qualcuno, sembra essere troppo corta e che, tirata inevitabilmente da una parte, lascia scoperti comparti importanti aprendo una discussione sui possibili emendamenti ai 39 articoli e ai quattro allegati tecnici che compongo la bozza.
Tra le associazioni c’è chi lancia un allarme, chi invece mantiene cautela e rinvia a un approfondimento ulteriore la lettura di un testo che, in tutti i casi, ridisegna il panorama normativo delle FER italiane. Ma quali sono i nodi più controversi e soprattutto quali sono le proposte che le singole associazioni stanno in queste ore vagliando? Rinnovabili.it ha raccolto le voci più autorevoli del mondo delle associazioni per capire quali saranno le nuove sfide, i nodi critici e gli orientamenti di ogni singolo comparto rispetto a una proposta normativa che l’Italia dovrà approvare in tempi rapidissimi.

*L’eolico* Tra le voci più critiche che si sono levate subito dopo il sì dato alla bozza di decreto di recepimento dal Consiglio dei Ministri c’è stata quella della Associazione Nazionale Energia del Vento. “Le previsioni normative in essa contenute – si legge in una nota ufficiale di Anev – non consentiranno di raggiungere gli obiettivi del nostro Paese con i relativi e conseguenti gravi danni in termini anche economici che l’Italia sarà costretta a subire per le enormi penalità derivanti”. Invitando Parlamento e Governo a correggere il testo, l’Associazione non ha mancato di sottolineare uno dei maggiori nodi critici, ovvero “la previsione inconcepibile di voler tagliare retroattivamente le remunerazioni per tali impianti, che oltre a ledere diritti acquisiti e mettere in crisi investimenti effettuati, comporterà il fallimento di molte società. Si salveranno solo i Grandissimi Gruppi, con la conseguente immediata perdita occupazionale stimabile da subito in 5.000 unità e nel medio periodo in almeno altri 10.000 posti di lavoro”.
Rilievi critici a cui Anev ha contrapposto in un documento “le osservazioni”:https://www.rinnovabili.it/file_download/46 e le relative proposte di modifica ed emendamenti del testo che dovrà ritornare a breve in Consiglio dei Ministri. “Dall’analisi del testo – si legge nel documento – emerge chiaramente il fatto che le previsioni di abbattimento dei valori del certificato verde che operano retroattivamente comporteranno il fallimento di moltissime iniziative del settore eolico, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro attualmente garantiti dal settore (oltre 30.000 secondo la UIL); inoltre l’indeterminatezza delle tariffe e dei meccanismi di sostegno per i nuovi impianti bloccherà almeno per un anno e mezzo le nuove iniziative con la conseguenza che gli obiettivi comunitari non saranno raggiunti con questo testo”. Per questo Anev ha avanzato una serie di proposte molto articolate, sintetizzabili in quattro punti fondamentali. Innanzitutto l’associazione chiede “la salvaguardia degli investimenti realizzati e dei diritti acquisiti” ma anche “l’introduzione di un valore di FLOOR pari a 159,00 €/MWh (90% del valore di riacquisto del GSE9”. Ma tra i nodi più importanti su cui intervenire con urgenza per Anev c’è anche “l’allungamento a 25 anni della durata dell’incentivazione” e la “definizione chiara e tempestiva del nuovo meccanismo di incentivazione post 2015”.

*Il fotovoltaico* Il primo “sì” dato ieri dall’esecutivo al decreto non ha però solo mobilitato l’attenzione dell’associazione eolica italiana ma anche quella dell’Associazione Nazionale dell’Industria Solare Fotovoltaica. Con una nota il presidente di Assosolare, Gianni Chianetta, è entrato nel merito delle previsioni normative che riguardano il comparto fotovoltaico. “La grave limitazione posta per gli impianti fotovoltaici a terra realizzati su aree agricole, prevista dall’articolo 8 dello schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva 2009/28 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili approvato dal Consiglio dei Ministri – ha detto ieri Chianetta – è un pesante freno allo sviluppo del settore fotovoltaico in Italia. Una scelta in contrasto con i recenti provvedimenti come le linee guida ed il terzo Conto Energia, e che innalzerà nuovamente la valutazione “rischio Paese” per tutti gli investitori”. Così come per l’Associazione Nazionale Energia del Vento, Chianetta ha espresso anche forti preoccupazioni sul possibile mancato raggiungimento da parte dell’Italia degli obiettivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili al 2020. “Se questa scelta venisse confermata, inoltre, pregiudicherebbe significativamente il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla direttiva Europea sull ‘energia da fonti rinnovabili, che prevede l’utilizzo del 17% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020”. Chianetta ha poi voluto anche ricordare come “la paura dell’occupazione dell’agricoltura è infondata: basti pensare che se anche tutti i 3 GW del terzo Conto Energia fossero impiegati in impianti a terra, questi occuperebbero circa 6000 ettari a livello nazionale, quando da dati ISTAT la superficie totale agricola e forestale in Italia è di 19,6 milioni di ettari di cui 13,2 milioni sono utilizzati per l’agricoltura; il fotovoltaico impegnerebbe quindi lo 0,045% della superficie agricola. È poi paradossale che lo stesso Governo che vuole tutelare l’interesse degli agricoltori ha bocciato nel terzo conto energia le serre fotovoltaiche, con le quali il fotovoltaico avrebbe potuto aiutare il mondo agricolo”.

*La posizione di Aper* Ma nel mondo dell’associazionismo non tutte le reazioni registrate ieri sono di segno prevalentemente negativo. L’Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili ha mostrato un certo apprezzamento nel complesso per “l’impostazione dei principi alla base dello schema di decreto legislativo di recepimento, pur riservandosi una più accurata analisi del documento”. Con una nota ufficiale Aper ha infatti commentato il provvedimento sottolineando come la bozza di decreto “sembra finalmente dare un respiro di medio e lungo termine traguardato al 2020 al settore, in coerenza con gli obiettivi del Piano di Azione Nazionale approvati nel giugno scorso. Esso è stato infatti opportunamente emesso entro la scadenza posta dalla UE del 5 dicembre 2010, in tempo utile per evitare il decadimento dell’esercizio della delega”. Accolte con favore alcune delle modifiche sostanziali che hanno invece generato malumori e scontento in altre associazioni. “La modifica principale riguardante il superamento graduale del regime di sostegno dei certificati verdi per i nuovi impianti a partire dal 2013 e l’introduzione di un incentivo sulla produzione definito in via amministrata – si legge nella nota di Aper – va nella giusta direzione di introdurre maggiori elementi di stabilità, certezza e di efficienza nel settore, nonché di ridurre i possibili elementi di speculazione. Positiva anche la nuova disciplina dei procedimenti autorizzativi basata su un procedimento unico semplificato specifico per gli impianti a fonti rinnovabili”. Anche per Aper però sarà comunque necessario qualche correttivo al testo: “Nel corso del successivi passaggi parlamentari occorrerà – a parere di APER – apportare idonei provvedimenti correttivi ad alcune parti del decreto in modo da rendere realmente efficace il provvedimento. In particolare occorrerà intervenire per implementare con maggior celerità di quanto previsto dal testo odierno (12 mesi) i decreti attuativi che dovranno definire in termini quantitativi e di operatività i nuovi meccanismi di sostegno”. Così come richiesto da Anev, anche per l’Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili sarà necessario “salvaguardare con maggior chiarezza i diritti acquisiti e il congruo ritorno degli investimenti in essere per gli impianti esistenti. Infine occorre evitare di introdurre elementi di forte e ravvicinato shock normativo per le iniziative rinnovabili già in fase di sviluppo, come nel caso degli impianti fotovoltaici a terra in area agricola, già efficacemente regolamentate non più di 4 mesi fa per il periodo 2011-2013 dal Decreto 6 agosto 2010”.

*La posizione di Assolterm* Per l’Associazione Solare Termico il decreto di recepimento, invece, va considerato come “un’occasione da non perdere per mettere ordine alla legislazione sul solare termico che attualmente risulta frammentata, a volte ambigua quando non contraddittoria e poco efficace. In questi giorni – prosegue la nota di Assolterm – stiamo assistendo a un’improvvisa accelerazione dell’iter legislativo, accelerazione che peraltro ha impedito la dovuta e indispensabile consultazione delle associazioni di categoria interessate”. E Assolterm interviene a commentare soprattutto la parte del decreto che riguarda l’efficienza energetica e i nuovi obblighi per gli edifici: “A una prima lettura della bozza circolata in questi giorni rileviamo che, per quanto riguarda l’obbligo delle rinnovabili nei nuovi edifici, il testo stravolge il canovaccio legislativo sino ad oggi seguito a livello nazionale e regionale (e non ancora ultimato) con conseguenti problemi per le amministrazioni regionali e locali che si sono già adeguate all’attuale legislazione e per l’Industria e tutta la filiera. Per quanto riguarda invece la semplificazione amministrativa – rileva l’associazione nella nota – ci sembra che, ancora una volta, anziché cogliere l’occasione per dare chiarezza, trasparenza, omogeneità e semplicità all’iter autorizzativo, si aggiunga un nuovo dispositivo, la DIRE, che non risolve le ambiguità presenti nell’attuale legislazione”. L’associazione, che in questi giorni analizzerà nel dettaglio lo schema di decreto dovrebbe inviare nei prossimi giorni le sue osservazioni al ministero competente.

*L’International Solar Energy Society* Per Ises Italia, in tutti i casi, lo schema di decreto è “un documento importante, che oltre ai meccanismi di incentivazione, fornisce il quadro di riferimento in merito agli iter autorizzativi e alle procedure amministrative, alle regolamentazioni tecniche. Rispetto ai provvedimenti di incentivazione precedenti si ha un riequilibrio nell’attenzione rivolta alla generazione termica da fonti rinnovabili – si legge in un comunicato – per troppo tempo confinata nel ruolo di parente povera. Considerazioni analoghe valgono per l’importanza finalmente data alla biomassa nelle sue diverse declinazioni (uso energetico diretto, trasformazione in biogas, biometano, biocarburanti), di cui si privilegia la valenza termica rispetto a quella elettrica”. Ma sotto la lente di Ises Italia è finita anche la “sostituzione graduale dei Certificati Verdi con una procedura che prevede tariffe incentivanti per gli impianti fino a 5 MW” che molto sta facendo discutere in queste ore. “Nel transitorio – prosegue Ises – il valore dei Certificati Verdi, ridotto al 70% di quello attuale, è in molti casi insufficiente a rimunerare gli investimenti già in essere, ponendo a repentaglio più di un progetto. Esiti analoghi si avrebbero per gli impianti fotovoltaici a terra su terreni agricoli, se nel decreto definitivo fosse conservato il rapporto – eccessivo e immotivato – tra la potenza nominale dell’impianto e la superficie del terreno nella disponibilità del proponente, pari a 50 kW per ogni ettaro di terreno”. Anche Ises, però attende che vengano approvati i diversi decreti applicativi per dare “un giudizio certo sulla funzionalità di quanto indicato al conseguimento degli obiettivi assunti dal Piano di Azione Nazionale per le rinnovabili” pur se la stessa International Solar Energy Society definisce nel suo impianto complessivo lo schema abbastanza condivisibile.