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Dazi sul fotovoltaico cinese, gli Stati membri storcono il naso

Dazi sul fotovoltaico cinese, gli Stati membri storcono il naso

 

(Rinnovabili.it) – Non hanno raggiunto la maggioranza qualificata necessaria ad abolire la proposta, ma la maggior parte degli Stati membri ha votato contro l’estensione dei dazi sul fotovoltaico cinese avanzata dalla Commissione Europea.

 

L’esecutivo intende rinnovare per altri due anni le misure commerciali compensative applicate sull’import dei pannelli “Made in China”. La proposta è stata presentata a fine dicembre 2016, riconoscendo la necessità di ottenere l’approvazione degli Stati membri. La posizione nettamente contraria di diciotto Paesi della UE ha tuttavia cambiato le carte in tavola.

 

Dopo il voto di ieri, la Commissione europea potrà apportare diverse modifiche alla richiesta iniziale prima di passarla nuovamente ai Ventotto. Nel frattempo il caso passerà ora a un comitato di ricorso, a cui prenderanno parte anche i rappresentanti nazionali degli Stati europei. James Watson, amministratore delegato di SolarPower Europe, la lobby dei produttori di energia fotovoltaica, ha affermato che i membri UE hanno “inviato un forte rimprovero” alla  Direzione generale del Commercio, l’organo della Commissione europea che ha compito di attuare la politica commerciale comune dell’UE.

“Noi ora lavoreremo con gli Stati membri per trovare un compromesso adeguato sulla rimozione delle misure nel più breve tempo possibile, in modo da poter avere ancora una volta in Europa un settore solare dinamico e in crescita”, ha aggiunto Watson.

Ma come è ormai ben assodato, il settore fotovoltaico europeo è spaccato in due: chi costruisce gli impianti e vende l’energia da una parte (quella rappresentata da SolarPower Europe) e chi produce celle e moduli dall’altra. Per i secondi, la battaglia contro il low cost cinese è in pieno svolgimento. Ed è lo stesso esecutivo UE a sostenerne le posizioni, in un documento in cui spiega come porre fine ai dazi comporterebbe probabilmente un perdurare di pratiche commerciali sleali, come incentivi statali particolarmente generosi e prezzi fortemente ribassati rispetto alla produzione comunitaria.

Il rapporto di Bruxelles sostiene anche che le misure compensative europee – un tetto minimo al costo del fotovoltaico cinese – avrebbe un effetto limitato sulla domanda.

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