(Rinnovabili.it) – La battaglia solare apertasi fra Unione europea e Cina si è definitivamente conclusa con il voto di ieri del Consiglio UE che, al contrario degli Usa, ha scelto di sposare la via della negoziazione. Sì ai dazi antidumping e antisovvenzioni sui moduli fotovoltaici cinesi importati all’interno dei confini comunitari ma solo per quei produttori che non rispetteranno l’accordo siglato con la Commissione Ue lo scorso agosto. In altre parole, Bruxelles ha riconosciuto il danno provocato alla propria industria solare ma è pronta a mettervi una pietra sopra in nome del quieto vivere; una decisione, come è intuibile, che non è stata accolta troppo calorosamente dai produttori europei di fotovoltaico oggi alla prese con la chiusura di oltre sessanta industrie e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.
“Visti gli esiti finali, – dichiara Alessandro Cremonesi, presidente IFI – non ci sono margini di dubbio sulla volontà politica perseguita dall’Unione Europea nel concludere questa disputa: mettere da parte ogni evidenza che ponesse in luce il comportamento illegittimo e predatorio da parte dei produttori di moduli fotovoltaici cinesi e scegliere la via negoziale, iniqua si, ma tale da scongiurare le ritorsioni economiche già annunciate dalla Cina verso altri settori economici. Una scelta che mette in luce tutta la debolezza politica dell’Europa di fronte allo strapotere economico cinese, consegnandogli altresì una ‘patente di legittimità’ per invadere illegalmente il proprio spazio economico, commerciale e manifatturiero. Finita si una battaglia…ma non la guerra”.
Ed è proprio il Comitato IFI che presenta in quest’occasione un’analisi del processo investigativo evidenziando quelle che, a suo parere, sono state preoccupanti anomalie di condotta da parte della Commissione UE in grado di stravolgere l’esito dell’investigazione stessa. A partire dalla decisione di applicare dazi provvisori con due differenti aliquote, su due diversi archi temporali, la prima delle quali “tale da non incidere minimamente nella riduzione del pregiudizio per l’industria europea del fotovoltaico”. Inoltre nel mese di agosto, la Commissione UE comunica il proprio intento di non applicare i dazi provvisori anti- sovvenzioni nonostante le evidenze esposte nel documento conclusivo dichiarino che la somma dei margini di dumping e di sovvenzioni illegittime ricevute dai produttori di moduli cinesi tra il 2011 e il 2012 superi il 100%.
Ad attirare le critiche maggiori è però proprio l’accordo stretto con la Repubblica Popolare e i prezzi minimi stabiliti per le importazioni cinesi.
“I prezzi minimi concordati con la Cina continuano a essere troppo bassi. Restano ancora inferiori ai costi reali della produzione di moduli solari in quel paese”, ha affermato presidente di EU ProSun, Milan Nitzschke.
In un accordo bilaterale la Commissione Europa e le imprese cinesi hanno stabilito che i moduli solari venduti al prezzo di 56 centesimi di euro per watt restano liberi dai dazi. Contro tale accordo le imprese europee del solare hanno presentato ricorso presso il Tribunale dell’Unione europea.
“Ci aspettiamo – ha aggiunto Nitzschke – che il Tribunale dell’Unione europea prima o poi dichiari nullo il regolamento relativo al prezzo minimo. A quel punto i dazi saranno validi per tutte le importazioni solari cinesi. Solo in tal caso il mercato solare europeo sarà libero: libero da sovvenzioni statali alle esportazioni e libero dal dumping”.