Micro-chip progettati per emettere le stesse lunghezze d’onda della luce quando riscaldati: questa la chiave per una nuova produzione energetica ad alta efficienza
(Rinnovabili.it) – Un nuovo sistema di conversione dell’energia fotovoltaica è stato sviluppato all’interno dei famosi laboratori del Massachusetts Institute of Technology. A rendere speciale l’ultima invenzione della ricerca statunitense la capacità di produrre energia elettrica anche in assenza di luce solare diretta, sfruttando il calore di qualsiasi fonte. Mentre il principio in questione è cosa nota, del tutto nuovo invece è il metodo impiegato. La chiave di tale tecnologia, descritta nella rivista Physical Review, si trova in un materiale con inciso sulla propria superficie miliardi di “buche” in scala nanometrica. Quando quest’ultimo assorbe calore – sia proveniente dai raggi solari che dalla combustione di idrocarburi o da un radioisotopo in decomposizione, lo strato butterato irradia energia a lunghezze d’onda che possono essere sfruttate dalle celle fotovoltaiche. Sulla base di tale tecnologia, i ricercatori del MIT hanno realizzato un generatore dalle dimensioni di un pulsante alimentato a butano capace di funzionare tre volte più lungo di una batteria agli ioni di litio dello stesso peso. “Essere in grado di convertire il calore da varie fonti in energia elettrica senza parti meccaniche in movimento potrebbe portare ad enormi benefici”, afferma Ivan Celanovic, ingegnere ricercatore del MIT “soprattutto se fossimo in grado di farlo in modo efficace, relativamente a buon mercato e su piccola scala”.
MANIPOLARE LA LUCE La soluzione di Celanovic prevede un emettitore termico che irradi solo le lunghezze d’onda che il diodo fotovoltaico è in grado di assorbire e convertire in energia elettrica, eliminando le altre. Per realizzare un materiale simile, i ricercatori si sono concentrati sui cristalli fotonici di tungsteno, una classe di materiali avanzati che possono essere considerati l’analogo ottico dei semiconduttori. Quando si riscalda, il materiale genera luce con uno spettro di emissione alterata perché ogni buca si comporta come un risonatore, in grado di sprigionare radiazioni solo a determinate lunghezze d’onda. Sfruttando questa capacità gli scienziati hanno messo a punto dei chip contenenti cristalli fotonici su entrambe le facce piane, e minuscoli tubi esterni per l’iniezione di combustibile e aria e l’espulsione dei prodotti di scarto. A questi micro reattori basterebbe aggiungere una cella fotovoltaica montata contro ogni faccia, per convertire le lunghezze d’onda della luce emessa in elettricità.