L’iniziativa per la costituzione di una comunità di energia rinnovabile può partire da qualsiasi soggetto pubblico privato, anche semplicemente da cittadini che abitano nello stesso quartiere. Ecco come fare
di Emilio Sani
(Rinnovabili.it) – Le comunità di energia rinnovabile sono uno strumento per consentire a qualsiasi cittadino, a prescindere dal suo livello di reddito, di partecipare alla produzione di energia e dare un contributo alla riduzione dei costi per la transizione energetica consumando localmente l’energia prodotta e stimolando il consumo dell’energia nelle ore in cui l’energia è prodotta dalle fonti rinnovabili.
Chi partecipa ad una comunità energetica rinnovabile partecipa infatti ai benefici in termini di incentivi e restituzione di componenti della bolletta che derivano dal fatto di consumare localmente l’energia prodotta dalla comunità.
Attualmente vi è una disciplina sperimentale stabilita dall’Articolo 42 bis del decreto legge 30 Dicembre 2019, n. 162 e dall’articolo 119 del Decreto legge 34 del 2020. Tale disciplina rimarrà valida sino alla attuazione delle direttive europee in materia di fonti rinnovabili e mercato elettrico, che dovrà stabilire la disciplina a regime delle comunità energetiche.
L’iniziativa per la costituzione di una comunità energetica rinnovabile può partire da qualsiasi soggetto pubblico privato, anche semplicemente da cittadini che abitano nello stesso quartiere. L’ambito territoriale di una comunità energetica secondo le previsioni attualmente vigenti corrisponde all’insieme di soggetti che sono collegati in bassa tensione nel perimetro sottostante alla stessa cabina secondaria BT/MT.
La prima operazione da compiere per costituire la comunità è dunque individuare l’area dove si intende installare l’impianto di produzione o gli impianti della comunità e valutare quali fra i potenziali membri della comunità siano nello stesso perimetro dell’impianto.
Per compiere tale operazione occorre raccogliere, da tutti i potenziali membri della comunità, il consenso al trattamento dei dati e il numero della loro fornitura (il pod) e interrogare quindi il distributore di zona per sapere quali fra i soggetti potenzialmente interessati sono nello stesso perimetro. Membri della comunità possono essere persone fisiche, enti territoriali come i Comuni e piccole e medie imprese.
I più importanti distributori hanno già sviluppato delle procedure e prevedono di rispondere in circa 10 giorni lavorativi a queste richieste.
Una volta ricevuta dal distributore la conferma di quali soggetti possono fare parte della comunità, le persone ed enti interessati possono costituire il soggetto giuridico che si caratterizzerà come la comunità energetica rinnovabile. Considerato che lo scopo della comunità non può essere il profitto finanziario, le forme più comunemente utilizzate sono quelle delle associazioni non riconosciute. Le associazioni non riconosciute possono essere costituite con un semplice contratto registrato fiscalmente e hanno costi di gestione bassi e adempimenti organizzativi relativamente semplici. Non sono escluse comunque anche altre forme associative senza scopo di profitto come le cooperative.
Lo statuto della comunità dovrà consentire in modo non discriminatorio la associazione alla comunità di tutti quei soggetti che siano interessati a partecipare e abbiano i requisiti, le comunità si caratterizzano infatti per la loro struttura aperta e non dovrebbero quindi porre come barriera d’ingresso impegni di finanziamento o gravosi costi di iscrizione.
La neocostituita comunità energetica dovrà acquisire la disponibilità degli impianti da utilizzare per la condivisione di energia.
La Comunità di norma non ha risorse finanziarie per autofinanziarsi attraverso contributi diretti dei membri si dovranno dunque attuare modalità per garantire il finanziamento attraverso terzi. Le modalità di finanziamento più frequenti sono il convenzionamento con il Comune o altri enti territoriali ovvero il ricorso a finanziamenti statali agevolati, ovvero ancora il convenzionamento con soggetti privati.
Gli incentivi per le comunità di energia rinnovabile sono compatibili con strumenti di supporto agli investimenti, quali contributi in conto capitale se l’impianto è di proprietà del Comune o di altri enti territoriali e detrazioni fiscali per impianti a fonte rinnovabile (50%) se l’impianto è di proprietà della comunità o di soggetti privati che aderiscono alla comunità.
Il convenzionamento con Comuni o altri enti pubblici che sostengono le spese di investimento per l’impianto è la modalità più spesso utilizzate per le prime iniziative di comunità energetiche. Tali modalità di cooperazione pubblico privato possono fra l’altro anche regolarsi con convenzioni di co-progettazione degli investimenti ai sensi del Codice del Terzo settore.
L’impianto non deve essere necessariamente di proprietà della comunità, può essere anche di soggetti terzi. Se la proprietà è di soggetti terzi privati che aderiscono alla comunità è possibile per quest’ultimi usufruire delle detrazioni fiscali. Gli sarà dunque possibile richiedere finanziamenti ordinari per importi di investimento più ridotti rispetto al costo d’investimento totale grazie alla combinazione del finanziamento e della cessione del credito d’imposta per la detrazione. I soggetti privati che sopportano l’investimento per gli impianti della comunità metteranno al servizio della comunità solo l’energia immessa in rete, mentre potranno avvantaggiarsi dell’autoconsumo di energia per le proprie utenze.
Nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza è previsto che nei comuni fino a 5000 abitanti siano messi a disposizione delle Comunità finanziamenti agevolati. E’ molto probabile dunque che nei Comuni di minore dimensione si procederà prevalentemente con questa modalità a garantire il finanziamento degli impianti a fonte rinnovabile.
Attualmente, secondo la normativa sperimentale che disciplina le comunità, gli impianti delle comunità oltre ad essere alimentati a fonte rinnovabile devono essere connessi in bassa tensione. Quindi anche se la potenza massima è di 200 kW difficilmente potranno superare i 100 kW che è di norma la potenza massima in bassa tensione.
A seguito della messa in esercizio degli impianti da loro detenuti le comunità possono fare istanza a GSE S.p.A. per ottenere gli incentivi e i benefici derivanti dalla condivisione dell’energia all’interno della comunità. Gli incentivi non saranno riconosciuti a tutta la energia prodotta, ma solo a quella condivisa all’interno della comunità cioè a quella che quando è prodotta viene simultaneamente consumata dai membri della comunità. Per avere l’incentivo occorre che nella stessa fascia oraria in cui è registrata la produzione venga registrato un corrispondente consumo da parte dei membri della comunità. Qualora nella fascia oraria la produzione sia superiore ai consumi per l’energia in eccedenza sarà riconosciuto alla comunità solo il valore dell’energia senza incentivi o altri benefici.
Per l’energia condivisa alla comunità sarà corrisposto dal GSE un importo pari a circa tre volte il valore dell’energia venduta all’ingrosso. La comunità potrà poi condividere fra i membri tali ricavi. Come ripartire fra i membri della comunità i ricavi derivanti dall’energia condivisa potrà essere stabilito liberamente da ciascuna comunità secondo i criteri concordati dai propri soci nello statuto della comunità o in apposito regolamento.
A mero titolo di esempio la comunità potrà stabilire di ripartire in modo uguale fra tutti i soci i ricavi, ovvero di tenere conto nel riparto di quanto i soci si siano adoperati per fare sì che i loro consumi siano contemporanei rispetto alla produzione di energia da parte della comunità
Da un punto di visto pratico il cittadino che fa parte della comunità continuerà a pagare per intero la propria bolletta. Con una certa periodicità da stabilirsi nei regolamenti della comunità tale cittadino riceverà dalla comunità pagamenti per la condivisione dei benefici garantiti alla comunità. I costi energetici del cittadino che aderirà alla comunità risulteranno dunque ridotti perché alla spesa per la bolletta si affiancheranno anche i ricavi derivanti dalla condivisione dell’energia.
Dal punto di vista fiscale recentemente l’Agenzia delle Entrate ha specificato che la redistribuzione ai cittadini dei benefici derivanti dalla condivisione di energia non assume rilevanza reddituale. Gli importi incassati dai cittadini per la condivisione di energia potranno dunque ritenersi equivalenti ad una riduzione della bolletta.
di Avv. Emilio Sani – e.sani@sazalex.com