Con una serie di acquisizioni mirate, le major europee puntando oggi a posizioni leader nel mercato solare. E l’eolico potrebbe essere il prossimo
Le compagnie petrolifere europee si preparano a dominare il mercato fotovoltaico
(Rinnovabili.it) – Negli ultimi quindici anni le compagnie petrolifere hanno fatto continue incursioni nel settore delle rinnovabili. Fino a poco tempo fa, tuttavia, operazioni di questo genere erano, nel migliore dei casi, etichettate come greenwashing. Oggi, però, le cose stanno cambiando e lo stanno facendo molto rapidamente a cominciare dal fotovoltaico. Così rapidamente che il settore solare potrebbe a breve assistere ad un vero e proprio capovolgimento dei delle posizioni dominanti. A spiegarne le dinamiche è Tom Heggarty, principale analista della transizione energetica presso Wood Mackenzie. Secondo Heggarty, il livello più alto dei proprietari di asset solari in tutto il mondo potrebbe cambiare radicalmente nei prossimi 12 mesi a causa della rapida ascesa di alcune major europee del petrolio e del gas.
D’altra parte le recenti acquisizioni di big come la francese Total, parlano da sole. Il gruppo, che controlla oggi SunPower e ha già circa 3 gigawatt di impianti rinnovabili, ha da poco acquistato un portafoglio fotovoltaico da 2,1 GW. E ha annunciato di voler raggiungere una capacità da 25 GW nelle green energy entro il 2025. “Total sarà uno dei più importanti attori mondiali del fotovoltaico se realizza le sue ambizioni, con una diversificazione geografica abbastanza rara nel settore”, ha affermato l’analista.
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L’assalto delle compagnie petrolifere al mercato solare è reso più semplice dal fatto che la proprietà degli asset fotovoltaici è altamente frammentata. In questo campo, i dieci principali portafogli societari controllano infatti solo il 10 percento della capacità totale installata a livello globale (circa 600 GW).
In questo contesto la Total sembra più avanti di altri, ma ci sono anche altre compagnie europee di idrocarburi che si stanno ritagliando uno spazio di primo piano, come riporta Jason Deign su gtm.com.
La BP, ad esempio, tramite la sua joint venture Lightsource BP possiede oggi 2 GW di impianti fotovoltaici e mira a realizzare altri 10 GW entro il 2023. L’anglo olandese Shell sta espandendo la propria impronta solare negli Stati Uniti, dove oggi possiede lo sviluppatore Silicon Ranch, e in Australia, dove sta realizzando la sua prima fattoria fotovoltaica; in Europa sta avanzando invece nel mercato dell’energia storage con l’acquisto della tedesca Sonnen e della britannica Limejump. Il colosso italiano Eni, attraverso la sua Eni gas e luce, ha finalizzato a gennaio l’acquisizione di Evolvere, il gruppo che possiede e gestisce il maggior numero di impianti fotovoltaici di taglia residenziale. Inoltre possiede possiede il 49 per cento della pipeline solare statunitense da 1 gigawatt di Falck Renewables. Il gruppo norvegese Equinor possiede poco più del 15 per cento dello sviluppatore fotovoltaico Scatec Solar, che a sua volta ha 1,9 GW di capacità solare in esercizio o in costruzione. E la lista non è neppure completa.
Secondo gli esperti, il fotovoltaico potrebbe essere solo il punto di partenza. Diverse compagnie petrolifere, infatti, si stanno facendo spazio anche nell’eolico, sia a terra che in mare, altro mercato delle rinnovabili relativamente frammentato. Perché stavolta non si tratta solo di greenwashing? Perché malgrado gli investimenti nelle rinnovabili siano ancora molto contenuti rispetto alle risorse destinate agli idrocarburi, a muovere le Big Oil stavolta è la finanza. La maggior parte delle società internazionali, e alcune nazionali, detengono azioni e obbligazioni sui mercati dei capitali. I prezzi azionari di gas, petrolio e anche carbone oggi hanno valutazioni inferiori rispetto a cinque anni fa. Il rischio è chiaro: non diversificare il proprio business potrebbe voler dire perdere centinaia di miliardi di dollari.