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Come rendere la perovskite solare stabile dopo 2000 ore di stress test

Un team internazionale di scienziati ha scoperto il motivo principale per cui le celle solari in perovskite si degradano alla luce del sole

perovskite solare
Credits: Shaun Tan/UCLA

Nuovo trattamento per la perovskite solare

(Rinnovabili.it) – Il fotovoltaico in perovskite ha, fin dalla sua invenzione, promesso grandi miglioramenti per il settore delle rinnovabili. Ma nella strada verso il mercato, ingegneri e chimici hanno dovuto necessariamente trovare strumenti e tecnologie che ne migliorassero la stabilità operativa. In assenza di accorgimenti, infatti, lo strato attivo di perovskite solare tende a degradarsi nel tempo, causando un peggioramento delle prestazioni. Il motivo di questa fragilità, tuttavia, è rimasto a lungo sconosciuto, fino a quando un team internazionale di scienziati non ha risolto l’arcano. E oggi, in documento pubblicato su Nature (testo in inglese), spiega come ha superato l’impasse.

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“Le celle solari a base di perovskite tendono a deteriorarsi sotto il sole molto più velocemente delle loro controparti in silicio”, spiega Yang Yang, professore di scienze dei materiali e ingegneria presso l’Università della California Los Angeles (UCLA), che ha guidato lo studio. “Quindi la loro efficacia nel convertire la luce in elettricità diminuisce a lungo termine. Tuttavia, la nostra ricerca mostra perché ciò accade e fornisce una soluzione semplice. Ciò rappresenta un importante passo avanti nel portare la tecnologia della perovskite alla commercializzazione e all’adozione diffusa”.

Per comprendere il problema è necessario osservare da vicino gli attuali metodi di fabbricazione delle celle solari. Uno dei passaggi comuni per questi prodotti consiste nel rimuovere i difetti del semiconduttore, trattando la superficie con uno strato di ioni organici carichi negativamente. Il team ha scoperto che nonostante il trattamento migliorasse l’efficienza finale, nel contempo fosse anche la causa di una minore stabilità. Come? Creando involontariamente una potenziale trappola per i trasportatori di carica.

“Questa condizione – spiega l’ateneo in una nota stampa – destabilizza la disposizione ordinata degli atomi e, nel tempo, le celle solari in perovskite diventano sempre meno efficienti”.

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Forti di questa nuova scoperta, gli scienziati hanno elaborato una soluzione. Nel dettaglio hanno accoppiato gli ioni con carica positiva con quelli con carica negativa per i trattamenti di superficie. Il gruppo ha quindi testato la stabilità delle sue nuove celle  solari in laboratorio sottoponendole a un test di invecchiamento accelerato. Le unità hanno mantenuto l’87% dell’efficienza di conversione per oltre 2.000 ore. A titolo di confronto, celle prodotte normalmente risultavano al 65% delle loro prestazioni originali dopo lo stesso test.