(Rinnovabili.it) – Potrebbe non esser il fotovoltaico in perovskite a sgonfiare, nel breve periodo, il dominio del silicio policristallino. Il mercato potrebbe invece passare il testimone a suo “fratello”, il silicio monocristallino il cui utilizzo su larga scala è ancora frenato. Questo perché, essenzialmente, la versione “mono” (i cristalli sono orientati tutti nella stessa direzione) richiede un grado di purezza più alto e dunque costi più elevati rispetto al “poli”. Di contro, però, questo semiconduttore permette di produrre celle e moduli ad alta efficienza e con meno materiale.
Il divario dei costi, seppur ridotto negli ultimi anni, continua tuttavia a far la differenza a livello di distribuzione: secondo l’analisi elaborata da Energy Trend, il prezzo medio di una cella in silicio policristallino è oggi di 0,225 dollari per Watt, rispetto agli 0,319 dollari per Watt del monocristallino. Ciò spiega perché il secondo trovi maggiore spazio nei prodotti hi-tech come i satelliti, piuttosto che negli impianti domestici o industriali. In Italia ad esempio, il 73 per cento della potenza installata è realizzato in silicio policristallino e solo il 21 per cento in silicio monocristallino, mentre il resto è in film sottile o in materiali diversi (dati GSE per il 2015).
Da cosa dipende allora il passaggio del testimone da poli a mono? Dagli ultimi miglioramenti tecnologici e dai piani del più grande produttore e installatore di pannelli solari. Parliamo della Cina che sta supportando i produttori di celle ad alta efficienza con il programma statale “Top Runner Program”. Avviato dall’Agenzia Nazionale per l’Energia (NEA) del Paese nel 2015, il progetto mira a facilitare l’implementazione di tecnologie avanzate di fotovoltaico grazie a generosi incentivi che stanno aggiornando la produzione per l’intero settore. E la domanda di celle in silicio monocristallino è già in crescita nella Repubblica popolare.
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Se “Top Runner” avrà gli effetti desiderati, l’intero mercato solare mondiale potrebbe risentirne. “Questo cambiamento – spiega un recente report della Stanford University – […] potrebbe avere implicazioni di vasta portata per l’industria solare globale, in particolare portando la Cina tra i paesi che svolgono attività di ricerca e sviluppo ad alto livello”.