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Celle solari stampabili, un nuovo polimero ne migliora la resa

Celle solari stampabili
via depositphotos.com

Nuovi passi avanti verso celle solari stampabili, efficienti ed economiche

(Rinnovabili.it) – Si chiama PEDOT:F ed è la nuova promessa del fotovoltaico organico. Dietro al nome non comune si cela un polimero conduttivo creato da un gruppo di scienziati della Huazhong University of Science and Technology e dell’i-MEET della Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga. La macromolecola si è dimostrata particolarmente promettente per la produzione di celle solare stampabili a base organica, che fossero anche stabili nel tempo.

Uno dei componenti chiave per le celle solari stampabili sono i materiali per il trasporto delle lacune, ossia le cariche positive. Fino a ieri, il miglior materiale per assolvere a questo compito era il poli(3,4-etilendiossitiofene): polistirene sulfonato o più semplicemente PEDOT: PSS, polimero conduttivo spesso utilizzato per creare dispositivi stampabili. Nonostante i suoi innegabili vantaggi, il PEDOT:PSS mostra una forte acidità e sensibilità all’umidità che possono influire negativamente sull’efficienza e sulla stabilità delle celle.

Il team di scienziati ha introdotto un nuovo complesso polimerico, il PEDOT:F per l’appunto, in grado di migliorare la ricetta complessiva. Per la precisione il PEDOT:F  ha il vantaggio di avere due parametri di solubilità e poter essere disperso sia in acqua che in alcol. E con quest’ultima formulazione mostrare una bassa acidità.

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 “Il PEDOT: PSS è stato inventato negli anni ’90 e i ricercatori si sono lamentati dei suoi svantaggi dal 2000 ad oggi, ma senza introdurre soluzioni praticabili”, ha spiegato a TechXplore, Yinhua Zhou, uno dei ricercatori. “La nuova formulazione dispersa in alcol supera questi inconvenienti”.

 Usando il nuovo complesso polimerico, Zhou e colleghi hanno creato celle solari organiche completamente stampabili dal loro elettrodo inferiore a quello superiore. Messe alla prova, le celle hanno mostrato un’efficienza di conversione della luce in elettricità del 15%, mantenendo l’835 della potenza iniziale per 1.330 sotto illuminazione continua. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Energy (testo in inglese).

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