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Le celle solari polimeriche raggiungono un nuovo record

celle solari polimeriche

 

I progressi tecnologici delle celle solari polimeriche

(Rinnovabili.it) – Ancora un passo avanti nel campo del fotovoltaico organico. Un gruppo di scienziati internazionali ha realizzato delle celle solari polimeriche in grado di convertire il 14,2 per cento della luce incidente in elettricità. Un valore record per ora confinato nei laboratori, ma che – se certificato dagli enti ufficiali come il NREL – potrebbe segnare un nuovo traguardo mondiale per il solare low cost. Il merito va al gruppo di scienziati provenienti dalla North Carolina State University e dall’Accademia cinese delle scienze.

Il team ha messo mano alle proprietà elettroniche dei dispositivi e alla struttura chimica del polimero per migliorarne le performance: il risultato è una cella fotovoltaica trasparente, leggera e flessibile ma non priva di pecche.

 

Il vantaggio dell’impiego dei materiali organici rispetto ai tradizionali semiconduttori e che molti di essere possono essere miscelati con un solvente e stampati su grandi rotoli di plastica ad alta velocità, in maniera simile alla stampa di giornali. “Questo lo rende un processo economico”, spiega il fisico Harald W. Ade della North Carolina State University e co-autore della ricerca. Ma le celle solari polimeriche continuano ad avere difficoltà a ritagliarsi uno spazio nel mercato a causa di efficienze storicamente basse. Se al fotovoltaico in perovskite sono bastati pochi anni per raggiungere il 22%, le unità organiche hanno impiegato decenni per superare il 10%. L’attuale detentore del record ufficiale è una cella solare organica prodotta da Henry Yan dell’Università della Scienza e della Tecnologia di Hong Kong assieme allo stesso Ade, per la quale è stata certificata una resa dell’11,5%. La facilità di produzione e l’economicità rimane tuttavia una forte leva per la ricerca di settore.

 

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E la squadra è convinta di aver prodotto un sostanziale progresso verso celle solari polimeriche più efficienti. Questi tipi di dispositivi richiedono due molecole organiche bene abbinate. La prima, solitamente un polimero, assorbe la luce e produce cariche eccitate. La seconda, solitamente una piccola molecola, estrae gli elettroni dalla prima, consentendo loro di fluire attraverso gli elettrodi in modo che la cella possa generare corrente. Il problema è che quando i chimici migliorano, ad esempio, l’assorbimento della luce del donatore, le sue proprietà elettroniche rischiano di non accoppiarsi più bene con l’accettore, ostacolando il trasferimento di cariche da una molecola all’altra. Oppure, le due molecole potrebbero non essere più abbastanza vicine per interagire.

 

Per risolvere questo problema, il collega Jianhui Hou, un chimico dell’Accademia cinese delle scienze, ha lavorato sull’ottimizzazione del polimero, molecola basta sul benzodisiofene, aggiungendo gruppi funzionali che permettessero agli elettroni di passare più facilmente dal donatore all’accettore. Quindi gli scienziati si sono assicurati che le due molecole si allineassero fisicamente in modo da poter trasferire gli elettroni in soluzione. Il risultato è stato quello di portare l’efficienza al valore record di 14,2%. Purtroppo le celle solari sono ancora troppo instabili ed è necessario ulteriore lavoro prima di poter far certificare la resa. “Penso che raggiungere un’efficienza del 18 o 20% in un paio d’anni sia possibile – oltre diventa molto difficile”, ha aggiunto Ade.

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