Le ultime novità per il fotovoltaico organico polimerico
(Rinnovabili.it) – Nuovo record per le celle solari polimeriche. Un gruppo di ricercatori della Hong Kong Polytechnic University (PolyU) ha portato l’efficienza di conversione di questa tecnologia al 19,31 per cento grazie ad una nuova tecnica di produzione. Un passo avanti che, secondo gli stessi scienziati, creerà probabilmente “enormi opportunità in applicazioni come l’elettronica portatile e il fotovoltaico integrato negli edifici”.
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Cosa sono le celle solari polimeriche?
Le celle solari polimeriche, chiamate anche celle solari in plastica, appartengono alla branca del fotovoltaico organico. Possiedono una struttura a strati costituita di base da un elettrodo frontale trasparente, uno strato attivo in polimero semiconduttore e un elettrodo posteriore stampato su un substrato plastico.
Nonostante i continui progressi della ricerca, il fotovoltaico polimerico si è sempre tenuto al margine del mercato a causa di basse efficienze. Il problema principale di queste celle sta nelle elevate perdite dovute alla ricombinazione dei portatori di carica. Ecco perché nella loro realizzazione è solitamente usata una superficie di separazione; più precisamente una miscela tra un materiale donatore e uno accettore (bulk heterojunction-BHJ, ossia Eterogiunzione a dispersione di massa) che eviti la ricombinazione tra elettroni e lacune. L’efficienza, e dunque la qualità dello strato attivo, è direttamene correlata alla distribuzione e all’impilamento molecolare di questa miscela di donatore e accettore.
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La strada senza additivi di PolyU
È a questo livello che si inserisce il lavoro del PolyU. Gli scienziati hanno sviluppato una strategia di manipolazione dello stato intermedio per celle solari organiche avanzate impiegando 1,3,5-triclorobenzene. Questo composto agisce come regolatore di cristallizzazione, ottimizzando il processo di cristallizzazione del film e regolando l’auto-organizzazione miscela donatore-accettore.
A differenza dell’approccio basato sull’impiego di additivi solventi tradizionali, in grado di causare un’eccessiva aggregazione molecolare, la nuova tecnica promuove la formazione di un impilamento molecolare più ordinato e un’aggregazione molecolare favorevole. Di conseguenza, la perdita di ricombinazione viene stata ridotta. E l’efficienza di conversione delle celle solari polimeriche risulta notevolmente aumentata.
“L’ultimo studio – spiega il Prof. Li Gang che ha guidato la ricerca – mostra una perdita di ricombinazione non radiativa minima di 0,168 eV in un a cella solare organica binaria con un’efficienza di conversione superiore al 19%. Questo è un risultato molto incoraggiante per la ricerca che ho condotto negli ultimi due decenni. Abbiamo già raggiunto migliori prestazioni e questo contribuirà successivamente ad accelerare le applicazioni dell’energia solare”. La ricerca è apparsa su Nature Communications (testo in inglese).