Le celle solari perovskitiche sono passate da una corsa per l’efficienza ad una per la stabilità
(Rinnovabili.it) – Il fotovoltaico ha lunga storia alle spalle. L’effetto è stato scoperto nel 1876, ma si è dovuto aspettare il 1954 per avere la prima cella solare in silicio capace di generare una corrente elettrica misurabile. Se all’inizio i progressi sono stati lenti e graduali, oggi il settore ha iniziato a correre. Basti pensare alla celle solari perovskiteiche: che le perovskiti artificiali agli alogenuri metallici potessero essere materiale fotovoltaico è stato scoperto solo 10 anni fa; da allora la tecnologia è migliorata con una velocità impressionante riuscendo a superare l’efficienza delle migliori unità fv in silicio, ma a prezzi molto più bassi.
Il principale ostacolo alla commercializzazione delle celle solari perovskitiche è tuttavia la stabilità operativa.
Questa caratteristica viene comunemente valutata mediante metodologie diverse, ossia attraverso l’illuminazione continua in laboratorio o test eseguiti all’esterno. Il primo approccio ha lo svantaggio di non tenere conto delle variazioni di funzionamento del mondo reale in termini di irradiamento e temperatura, determinate dalle variazioni diurne e stagionali. D’altra parte, i test outdoor richiedono che i dispositivi siano incapsulati per poter essere protetti da eventuali condizioni climatiche avverse. Ma l’incapsulamento serve principalmente a prevenire i meccanismi di guasto parassitario che non sono necessariamente correlati al materiale fotovoltaico. In altre parole, entrambi i metodi non sembrano sufficienti per valutare in maniera completa la stabilità di questa tecnologia.
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Per risolvere questo dilemma, Wolfgang Tress, uno scienziato del Politecnico di Losanna, lavorando con i colleghi del laboratorio di Michael Grätzel, è riuscito a portare le condizioni del mondo reale nell’ambiente controllato del laboratorio. Usando i dati di una stazione meteorologica vicino a Losanna, il gruppo ha riprodotto i profili reali della temperatura e dell’irradiazione di specifici giorni durante il corso dell’anno. Con questo approccio, gli scienziati sono stati in grado di quantificare il rendimento energetico dei dispositivi in condizioni realistiche. “Questo è ciò che alla fine conta per l’applicazione del mondo reale delle celle solari”, afferma Tress.
Lo studio ha rilevato che le variazioni di temperatura e irradiazione non influiscono in modo drammatico sulle prestazioni delle celle solari perovskitiche, e sebbene l’efficienza diminuisca leggermente nel corso della giornata, si tratta di una degradazione reversibile durante la notte. Nel corso dell’anno, invece, è osservabile un leggero degrado permanente. “Lo studio fornisce un ulteriore passo verso la valutazione delle prestazioni e dell’affidabilità delle celle solari in perovskite in condizioni operative realistiche”, aggiunge il team. Lo studio è stato pubblicato su Nature Energy (testo in inglese).
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