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Celle solari organiche binarie, efficienza record e stabilità

Grazie allo sviluppo di nuove molecole autoassemblate un gruppo dell'Accademia cinese delle scienze ha sviluppato celle fotovoltaiche organiche con un'efficienza di conversione record del 19,70%

Celle solari organiche binarie
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Fotovoltaico organico, efficienza e stabilità possono coesistere

(Rinnovabili.it) – I grandi progressi compiuti negli ultimi anni nel campo dei materiali accettori non fullerenici, hanno inaugurato una nuova era per le celle solari organiche binarie. Oggi questa tecnologia vanta finalmente un’efficienza di conversione superiore al 18 per cento, un valore in grado di aumentarne la competitività in termini di resa. Tuttavia non tutti i nodi tecnici che hanno caratterizzato negli anni questo segmento sono stati sciolti. Problemi come la ricombinazione radatiativa o la scarsa stabilità posizionano la maggior parte del fotovoltaico organico parecchi passi indietro rispetto a quello in silicio o in perovskite.

A cercare di accorciare il più possibile il gap è oggi una nuova ricerca condotta presso l’Accademia cinese delle scienze. Qui un gruppo di scienziati guidato dal Professor Ge Ziyi del Ningbo Institute of Materials Technology and Engineering, ha creato nuove molecole per uno degli strati chiave delle cella solare. Molecole in grado non solo di aumentare l’efficienza ma anche di allungarle la vita.

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L’architettura delle celle solari organiche binarie

Il lavoro del gruppo si è focalizzato sulle celle solari organiche binarie, dispositivi che possiedono come strato attivo una miscela binaria di materiali donatori e accettori di elettroni, sotto forma di eterogiunzione di massa. Lo strato attivo si trova faccia a faccia con altri due elementi: da un lato lo strato di trasporto degli elettroni, dall’altro quello di trasporto delle lacune. Uno dei materiali più comunemente impiegati per quest’ultimo nelle celle organiche ad alta efficienza è il PEDOT: PSS, un polimero conduttivo trasparente di facile lavorazione. Il problema? Il PEDOT: PSS è idrofilo ed acido, caratteristiche in grado di incidere negativamente sulla stabilità dei film fotovoltaici organici.

Per risolvere il problema, i ricercatori hanno progettato e sintetizzato due molecole asimmetriche autoassemblate  – BrCz e BrBACz – da introdurre come strato di trasporto delle lacune nelle celle solari organiche binarie.

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Oltre 1000 ore di stabilità

Rispetto ai convenzionali strati in PEDOT: OSC, queste molecole hanno mostrato una trasmittanza più elevata, una funzione di lavoro più profonda e un’energia superficiale inferiore, realizzando così una migliore estrazione e mobilità delle lacune, una diminuzione della resistenza dell’interfaccia e una ridotta ricombinazione dei portatori.

Nel dettaglio il fotovoltaico organico basato su BrBACz ha raggiunto un’efficienza record del 19,70% con una notevole densità di corrente di 29,20 mA/cm2 e una tensione del circuito di 0,856 V, il valore più alto finora riportato per le celle organiche binare. Non solo. Il dispositivo non incapsulato mantiene il 95,0% della sua efficienza originale dopo 1.000 ore di esposizione all’aria ambientale e illuminazione continua, indicando un’eccellente stabilità a lungo termine. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Angewandte Chemie International Edition (testo in inglese).

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.