Realizzato un nuovo design per il fotovoltaico a film sottile in SnSe che potrebbe alzare l'efficienza pratica a livelli record sia per la tecnologia in sé, che per il mercato solare
Come funzionano le celle solari in seleniuro di stagno
(Rinnovabili.it) – Le celle solari a base di silicio rappresentano oggi il prodotto fotovoltaico più efficiente sul mercato ma non quello più economico. Ed è proprio per portare avanti una nuova rivoluzione dei costi che una buona fetta della ricerca di settore sta sperimentando semiconduttori nuovi, che possano tagliare ulteriormente le spese e nel contempo svincolarsi dalla tradizionale catena di approvvigionamento. Una delle alternative in fase di studio sono le celle solari in seleniuro di stagno (SnSe).
Questo composto ha un elevato valore di coefficiente di assorbimento nella regione visibile anche con uno spessore di soli 300 nm e vanta una conduttività elettrica di tipo p innata; caratteristiche che ben si adattano ai dispositivi fotovoltaici a film sottile. Inoltre è composto da elementi comuni e facilmente reperibili. Il problema? L’efficienza riportata sperimentalmente delle celle solari in SnSe risulta molto bassa. Il valore si aggira in media sotto al 7% a fronte di un’efficienza massima teorica del 32%.
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Per offrire una nuova chance alle celle solari in seleniuro di stagno, un gruppo di ingegneri dell’Università di Rajshahi, in Bangladesh, ha messo mano al design con piccole aggiunte. Il dispositivo creato all’interno del Laboratorio di Energia Solare prevede l’inserimento di un secondo assorbitore accanto al SnSe: un sottile strato (0,2 micrometri) di seleniuro di rame indio, spesso abbreviato con l’acronimo inglese “CIS”, che agisce come un potenziatore di corrente.
La parte superiore del seleniuro di stagno è a sua volta contatto con uno strato finestra di solfuro di cadmio (CdS) di tipo n, spesso solo 0,1 micrometri e che è in grado di mitigare l’assorbimento parassitario. Mentre il CIS è a contatto con uno strato di campo superficiale posteriore fatto di diseleniuro di tungsteno (WSe2). Le simulazioni di laboratorio hanno mostrato per la nuova cella solare un’efficienza di conversione del 36,45% con una corrente di cortocircuito di 42,54 mA/cm2. E sebbene la strada sia ancora lunga prima di poter parlare di applicazioni pratiche, il risultato possiede un elevato potenziale per gli sviluppi futuri. La ricerca è stata pubblicata su Results in Materials (testo in inglese).
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