Il team di scienziati dell'EPFL svizzero ha trovato una soluzione contro eventuali perdite di piombo che non intacca l'efficienza
Una gabbia chimica per il piombo delle celle solari in perovskite
(Rinnovabili.it) – Le celle solari in perovskite hanno rapidamente colmato il divario d’efficienza con le storiche controparti in silicio policristallino. Nella corsa verso la produzione di massa, però, la tecnologia si porta ancora dietro qualche nodo da sciogliere. Ad esempio, la versione migliore di questo nuovo fotovoltaico, intesa come quella più stabile ed efficiente, contiene piombo. L’elemento è ben protetto all’interno del modulo, ma in caso di guasti o rotture, potrebbe fuoriuscire contaminando l’ambiente e provocando seri danni alla salute umana ed animale.
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Questo succede perché nella maggior parte delle perovskiti ad alogenuri il piombo può facilmente dissolversi in acqua. Questa solubilità rappresenta in realtà un grande vantaggio, poiché rende la costruzione di moduli fotovoltaici più semplice ed economica. Ma allo stesso tempo rappresenta un rischio su cui è difficile chiudere gli occhi. Una soluzione? Usare perovskiti senza piombo o ideare soluzioni che lo catturino prima che possa entrare in contatto con l’ambiente.
Su questa seconda opzione sta lavorando un gruppo di scienziati dell’EPFL, il politecnico di Losanna. Il team, guidato il professor László Forró ha trovato una soluzione che prevede l’utilizzo di un sale di fosfato trasparente. Questo elemento non blocca la luce solare, quindi non influisce sulle prestazioni. Ma allo stesso tempo, in caso di danneggiamenti, reagisce immediatamente con il piombo per produrre un composto insolubile in acqua che non può essere lisciviato al suolo e che può essere riciclato. Il lavoro è pubblicato su ACS Applied Materials & Interfaces (testo in inglese).
“Alcuni anni fa, abbiamo scoperto che i cristalli di sale di fosfato economici e trasparenti, come quelli dei fertilizzanti […] possono essere incorporati in varie parti dei dispositivi di perovskite a alogenuri di piombo simili a sandwich, come fotorivelatori, LED o celle solari”, afferma Endre Horváth, primo autore dello studio. “Questi sali reagiscono istantaneamente con gli ioni di piombo in presenza di acqua e li precipitano in fosfati di piombo estremamente non solubili in acqua”. “Mostriamo che questo approccio può essere utilizzato per costruire fotorivelatori funzionali. E suggeriamo che la comunità di ricercatori e centri di ricerca e sviluppo che lavorano su vari dispositivi come celle solari e diodi emettitori di luce, lo implementi nei rispettivi prototipi”, aggiunge Pavao Andričević.
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