Dalla collaborazione tra Politecnico di Milano e Università di Cambridge arrivano gli ultimi progressi in fatto di fotovoltaico in perovskite
Compresa la fotofisica delle celle solari in perovskite
(Rinnovabili.it) – Le celle solari in perovskite hanno raggiunto in pochissimi anni progressi sorprendenti. La ricerca a livello mondiale ha portato l’efficienza di questa tecnologia in diretta competizione con il silicio. Al tempo stesso ha potuto ampliare la gamma di applicazioni finali, grazie alla leggerezza e adattabilità che contraddistingue moduli e unità. Rispetto alle convenzionali celle a base di silicio cristallino, le perovskiti ibride possono essere fabbricate anche direttamente su substrati flessibili o superfici curve, favorendo una più armonica integrazione in ambito architettonico e aprendo la strada a sistemi di generazione di energia indossabili.
In questa corsa al fotovoltaico di nuova generazione, uno spazio di primo piano se lo è ritagliato anche l’Italia. I ricercatori del Politecnico di Milano e quelli del Politecnico di Torino sono stati i primi a dimostrare un metodo rapido per la stabilizzazione delle celle solari in perovskite in condizioni di funzionamento outdoor. Il PoliMi torna protagonista in questi giorni, sempre in questo campo, attraverso la collaborazione con l’Università di Cambridge. L’ateneo inglese ha cercato di ampliare le informazioni alla base della fotofisica di questi materiali fotovoltaici, elemento fondamentale per realizzare delle applicazioni finali che possano raggiungere il mercato. Lo studio è stato condotto presso la facility europea CUSBO (Centre for Ultrafast Science and Biomedical Optics ) del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, parte del network Laserlab-Europe.
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Qui gli scienziati hanno potuto misurare per quanto tempo, dopo che la luce solare ha colpito la cella, gli elettroni prodotti mantengono i loro più alti livelli di energia (elettroni caldi) prima di scontrarsi e perderla. I test tramite spettroscopia ultrabreve hanno mostrato che gli eventi di collisione fra elettroni iniziano a verificarsi tra 10 e 100 milionesimi di miliardesimo di secondo (femtosecondi). Ciò significa che per massimizzare l’efficienza energetica del fotovoltaico è necessario che gli “elettroni caldi” siano raccolti entro questo brevissimo intervallo di tempo.
Ciò è reso possibile dalle celle solari in perovskite – spiega il PoliMi in una nota stampa – “perché sono talmente sottili che la distanza da percorrere per gli elettroni caldi è molto breve, portando il tasso di efficienza energetica al 30% (massima efficienza energetica che le celle solari possono realisticamente raggiungere)”. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications.
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