Un team internazionale di scienziati guidato dall'Università del Surrey e dall'Imperial College di Londra ha individuato una strategia per migliorare sia le prestazioni che la stabilità delle celle solari in perovskite ai fattori di stress ambientale
Celle solari in perovskite, gli ultimi progressi scientifici
La durata delle celle solari in perovskite è stata migliorata del 66%. Un grande risultato quello raggiunto da una nuova ricerca internazionale, in grado di intervenire sui dei punti deboli del fv di nuova generazione senza compromettere le prestazioni. Sì perché la ricerca pubblicata su Energy and Environmental Science e guidata dall’Università del Surrey e dall’Imperial College di Londra riesce in un’impresa non da poco. Ottenere delle celle fotovoltaiche in perovskite ad alta efficienza e al tempo stesso molto stabili alle condizioni ambientali.
Perché si tratta di un’impresa? Perché umidità e calore sono due fattori ambientali che limitano le prestazioni e la stabilità di questa classe di materiali sintetici, soprattutto quelli a base di piombo e stagno. Ostacoli tecnici che tutti frenano la distribuzione su larga scala del fotovoltaico in perovskite.
Per diminuire questa “sensibilità” è necessario conoscere a fondo i processi e le reazioni che si verificano all’interno della cella. Ed è esattamente così che gli scienziati hanno portato alla luce un percorso di degradazione sconosciuto e legato al materiale di trasporto delle lacune (cariche positive).
Individuati meccanismi nascosti che contribuiscono alle perdite di efficienza e stabilità
Nel dettaglio, il team si è concentrato sulla comprensione delle perdite di efficienza e stabilità indotte dallo strato di trasporto delle lacune a base di PEDOT:PSS. Il PEDOT:PSS è uno dei materiali più studiati per questo compito grazie alla sua elevata mobilità e conduttività, e al basso costo. Per ottenere un’alta efficienza energetica solitamente vengono aggiunti a questo materiale additivi tiocianato. Tuttavia, ciò avviene a scapito della stabilità del dispositivo, a causa della formazione di cianogeno dall’interazione tiocianato-iodio che viene accelerata in presenza di umidità.
Il gruppo ha individuato questo passaggio e introdotto un agente riducente lo iodio per inibire le reazioni chimiche che causano il degrado. L’approccio non solo ha aumentato l’efficienza delle celle solari in perovskite piombo-stagno al 23,2% – dato tra i più elevati in questo segmento – ma ne ha anche prolungato la durata del 66%.
Spiega Hashini Perera, ricercatrice e autorice principale dello studio presso l’Advanced Technology Institute dell’Università del Surrey, “le conoscenze che abbiamo sviluppato grazie a questo lavoro ci hanno permesso di identificare una strategia che migliora l’efficienza e prolunga la durata operativa di questi dispositivi quando esposti alle condizioni ambientali”.
“Questo progresso rappresenta un passo importante verso pannelli solari ad alta efficienza e lunga durata, che consentiranno a più persone di accedere a energia pulita a prezzi accessibili, riducendo al contempo la dipendenza dai combustibili fossili e le emissioni globali di carbonio”.
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