Grazie all’integrazione di speciali pellicole assorbenti sulla cella, un gruppo di ricercatori ha trovato il modo per garantire la sicurezza del fotovoltaico in perovskite anche in caso di rottura e fuoriuscita del piombo
Nuovi passi avanti verso la produzione commerciale delle celle solari ibride in perovskite
(Rinnovabili.it) – Le celle solari ibride in perovskite sono considerate da molti il futuro del fotovoltaico. Dai primi esperimenti in ambito energetico, nel 2009, a oggi, questa tecnologia ha compiuto passi da gigante: attualmente la sua efficienza supera il 22 per cento, valore che può perfettamente tenere testa al fotovoltaico tradizionale. Nel contempo, la produzione tramite sintesi chimica in soluzione permette di mantenere i prezzi industriali molto più bassi rispetto alle concorrenti attualmente sul mercato.
Nonostante il rapido progresso, rimangono importanti nodi da sciogliere. Uno di questi riguarda la tossicità di questi dispositivi. Le celle solari ibride sono realizzate impiegando perovskiti organiche-inorganiche, ossia cristalli formati da piccole molecole organiche e alogenuri metallici. Per fornirgli stabilità ed evitare la degradazione, alle celle viene aggiunto piombo, metallo che svolge un’azione neurotossica, accumulandosi nelle ossa e nel sangue degli organismi. “Il problema della tossicità del piombo è stata una delle sfide più seccanti del cosiddetto ‘ultimo miglio’ nel campo delle celle solari ibride in perovskite”, spiega Tao Xu, professore di chimica della Northern Illinois University. “Noi siamo convinti di avere trovato un rimedio molto promettente a questo problema, e potrebbe essere un punto di svolta”.
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Xu e il collega Kai Zhu del National Energy Renewable Energy Laboratory (NREL) del dipartimento dell’Energia statunitense, hanno sviluppato una tecnica per sequestrare il metallo utilizzato per produrre tali celle e ridurre al minimo le potenziali perdite tossiche. L’innovazione si basa su speciali film assorbenti applicati sulla parte anteriore e posteriore dell’unità fotovoltaica. “In caso di danneggiamenti, il nostro dispositivo cattura la maggior parte del piombo, impedendogli di penetrare nelle acque sotterranee e nel suolo. I film che utilizziamo sono insolubili in acqua”.
Gli esperimenti di laboratorio per valutare la contaminazione da piombo hanno incluso prove di martellamento e frantumazione del vetro frontale, incisione con una lametta sulla parte posteriore e quindi immersione in acqua.
I primi test hanno dimostrato per le nuove pellicole una capacità di sequestrare il 98 per cento delle perdite di metallo. Ovviamente tali strati aggiuntivi non influiscono negativamente sulle prestazione del fotovoltaico o sulla stabilità operativa a lungo termine. Al contrario, possono dare una piccola mano per migliorare la resa. “I materiali sono standard, ma non sono mai stati usati per questo scopo”, ha dichiarato Xu. “La luce deve entrare nella cella per essere assorbita dallo strato di perovskite e il film frontale agisce effettivamente come agente antiriflesso, migliorando un po’ la trasparenza”.
“Vale la pena notare – aggiungono gli scienziati – che il nostro approccio al sequestro del piombo è applicabile anche ad altre tecnologie basate sulla perovskite come l’illuminazione a stato solido e le applicazioni in display e sensori”. I risultati della ricerca sono consultabili su Nature (articolo in inglese).
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