Viaggio nel mondo delle perovskiti ibride alla ricerca del semiconduttore perfetto
(Rinnovabili.it) – Nuove celle solari efficienti ed economiche? A trovarle ci pensa il “detective dell’I.A.” creato dall’Università della California a Davis. Qui un gruppo di ingegneri ha impiegato algoritmi basati sull’apprendimento automatico per identificare i materiali più prometti nell’ampia classe delle perovskiti ibride organico-inorganiche.
Negli ultimi 10 anni questi composti sintetici hanno ricevuto molta attenzione dal settore fotovoltaico, raggiungendo in brevissimo tempo risultati che avevano richiesto al silicio svariati decenni. Oggi le celle fotovoltaiche in perovskite presentano efficienze paragonabili a quelle delle celle solari classiche, ma sono più leggere ed economiche da realizzare. Il problema principale di questi materiali è la stabilità: i più efficienti sono anche quelli più sensibili a fattori quali umidità, ossigeno, calore o luce.
Trovare la perovskite perfetta, che porti a celle solari efficienti, durevoli e a basso costo, è un’impresa ardua. La sintesi di questi materiali materiali offre un elevato numero di combinazioni chimiche possibili. E testare ogni nuova formula creata per tutti i parametri essenziali richiederebbe troppo tempo. A meno di non ingaggiare strumenti di machine learning per effettuare il lavoro più lungo e noioso.
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Verso celle solari efficienti ed economiche
La professoressa Marina Leite e le ricercatrici Meghna Srivastava e Abigail Hering hanno voluto mettere alla prova alcuni algoritmi di apprendimento automatico durante i test dei materiali. Nel dettaglio le scienziate hanno costruito un sistema automatizzato ad alta produttività per misurare l’efficienza di 5 diverse pellicole di perovskite sotto il sole dell’estate californiana. Sono state così in grado di raccogliere oltre 7.000 misurazioni in una settimana, accumulando dati sufficienti per un training set affidabile. Hanno quindi usato queste informazioni per addestrare tre diversi algoritmi di apprendimento automatico: un modello di regressione lineare, una rete neurale e un modello statistico chiamato SARIMAX. Infine hanno confrontato le previsioni dei modelli con i risultati fisici misurati in laboratorio. Il modello SARIMAX ha mostrato le migliori prestazioni con una corrispondenza del 90% rispetto ai risultati osservati durante una finestra di oltre 50 ore.
“Questi risultati dimostrano che possiamo utilizzare il machine learning per identificare i materiali candidati e le condizioni per prevenire il degrado delle perovskiti”, ha affermato Leite. I prossimi passi saranno espandere gli esperimenti per quantificare le combinazioni di più fattori ambientali.
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