(Rinnovabili.it) – Le celle solari biologiche, ovvero quelle unità fotovoltaiche che integrano proteine fotosintetiche prese in prestito da Madre Natura, sono ancora molto lontane dalla produzione commerciale. Il motivo è presto detto: le prestazioni non si avvicinano neppure lontanamente a quelle del fotovoltaico tradizionale. Oggi un film sottile delle dimensioni di un’unghia può alimentare una semplice calcolatrice portatile; se venissero impiegate le celle solari biologiche esistenti per alimentare la stessa calcolatrice, ci sarebbe bisogno di un modulo lungo dallo stato di New York all’Irlanda.
Dei netti miglioramenti però sono già stati raggiunti, grazie al lavoro dell’ingegnere Seokheun Choi della Binghamton University. Il ricercatore è stato in grado di realizzare la prima cella solare biologica che produce un microwatt per centimetro quadrato, aumentando l’efficienza di questa tecnologia di circa un milione di volte. In altre parole questo significa che per far funzionare quella stessa calcolatrice ora servirebbe “solo” un rivestimento fotovoltaico abbastanza grande da coprire il tetto di una roulotte. Il risultato potrebbe sembrare ancora lontano dall’obiettivo, ma assicurano gli scienziati che hanno revisionato il lavoro, apre finalmente le porte all’applicazione pratica. Se Choi riuscisse a ridurre le dimensioni della cella di un decimo, pur mantenendo la densità di potenza, potrebbe fornire energia sufficiente, ad esempio, a dispositivi di analisi del sangue. “Questo è uno dei pochissimi prodotti di bio-fotovoltaico miniaturizzato”, spiega il collega Hongseok Noh, professore presso la Drexel University. Cosa rende l’approccio di Choi differente? L’impiego di un anodo di carbonio immerso in un fluido di batteri carichi a contatto con l’aria. La tecnologia sfrutta anche la respirazione vegetale per trarre energia dagli zuccheri e mantenere la produzione energetica anche quando la luce è scarsa.”Non sono un esperto di microbiologia, ho semplicemente comprato i batteri e seguito le istruzioni per la cultura”, spiega Choi, aggiungendo però di aver intenzione di continuare la sperimentazione fino a trovare la combinazione più produttiva.