Ora le celle solari bio sfruttano anche la luce verde
(Rinnovabili.it) – Mescolare i ‘trucchi evolutivi’ di Madre Natura per realizzare una nuova generazione di celle solari bio. Questo quanto realizzato da un gruppo di scienziati tra Germania e Israele, per dare una spinta allo sviluppo del fotovoltaico organico. Lo studio, condotto congiuntamente dalla Ruhr-Universität Bochum (RUB) e dall’Israel Institute of Technology di Haifa, ha come punto focale i complessi proteici responsabili della fotosintesi.
Da tempo ormai, la scienza sta tentando di replicare il processo chimico grazie al quale piante verdi e altri organismi producono energia e sostanze utili a partire da CO2, acqua e luce. Una delle applicazioni legate a questo filone di ricerca, è rappresentato dalle celle solari bio. Si tratta di unità capaci di convertire la luce solare in energia elettrica, sfruttando componenti biologici provenienti dagli stessi organismi fotosintetici.
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Nel dettaglio, in questo tipo di studi è impiegato il fotosistema II (PSII), complesso proteico presente in piante, alghe e batteri; grazie alla luce, questo elemento attiva la fotolisi dell’acqua producendo ossigeno, protoni (H+) ed elettroni (e-). “Tuttavia, per quanto unico sia il PSII, la sua efficienza è limitata, poiché può utilizzare solo una percentuale della luce solare”, spiega il professor Marc Nowaczyk del RUB. Il problema principale è che questi complessi non sono in grado convertire la luce verde in energia (motivo per cui questa viene riflessa dando alle piante il loro colore).
Non per tutti gli organismi fotosintetici però esiste questo gap. “I cianobatteri hanno risolto il problema formando speciali proteine di raccolta della luce, ad esempio i ficobilisomi, che sfruttano anche questa luce. Questa cooperazione funziona in natura, ma non ancora nella provetta”, spiega Nowaczyk.
Questo perlomeno fino a ieri, il team del RUB e quello israeliano hanno colmato con successo questo divario creando e stabilizzando un super complesso multi-proteico di PSII e ficobilisomi. Il passo successivo è stato inserirlo in nuove strutture di bioelettrodi. “Abbiamo superato questa sfida utilizzando elettrodi personalizzati, tridimensionali e trasparenti in combinazione con idrogel attivi redox”, afferma Volker Hartmann, autore principale dello studio.
Questo design ha permesso ai ricercatori di utilizzare anche i fotoni della lunghezza d’onda compresa tra 500 e 600 nm (luce verde). L’assemblaggio dei super complessi proteici è considerato uno stadio intermedio promettente nello sviluppo di celle solari bio. I vantaggi di diverse specie possono, infatti, essere combinati funzionalmente in sistemi semi-artificiali. In futuro, i ricercatori si concentreranno principalmente sull’ottimizzazione della produzione e della durata dei componenti biologici. La ricerca appare sul Journal of Materials Chemistry A (testo in inglese) dell’11 maggio 2020.
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